Angolo di spiritualità cristiana

IL ROSARIO, riferimenti sul Santo Rosario

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eurone
view post Posted on 13/2/2012, 07:52




Per favorire una migliore conoscenza del Santo rosario inseriamo quei documenti che meglio ne esprimono la bellezza e l'importanza

(qui il link per l'ascolto e la recita del Santo Rosario)http://www.pastoralespiritualita.it/Sezion...ecitalo-online/


LETTERA APOSTOLICA
ROSARIUM VIRGINIS MARIAE
DEL SOMMO PONTEFICE
GIOVANNI PAOLO II
ALL'EPISCOPATO, AL CLERO
E AI FEDELI
SUL SANTO ROSARIO



INTRODUZIONE

1. Il Rosario della Vergine Maria, sviluppatosi gradualmente nel secondo Millennio al soffio dello Spirito di Dio, è preghiera amata da numerosi Santi e incoraggiata dal Magistero. Nella sua semplicità e profondità, rimane, anche in questo terzo Millennio appena iniziato, una preghiera di grande significato, destinata a portare frutti di santità. Essa ben s'inquadra nel cammino spirituale di un cristianesimo che, dopo duemila anni, non ha perso nulla della freschezza delle origini, e si sente spinto dallo Spirito di Dio a « prendere il largo » (« duc in altum! ») per ridire, anzi 'gridare' Cristo al mondo come Signore e Salvatore, come « la via, la verità e la vita » (Gv 14, 6), come « traguardo della storia umana, il fulcro nel quale convergono gli ideali della storia e della civiltà ».(1)

Il Rosario, infatti, pur caratterizzato dalla sua fisionomia mariana, è preghiera dal cuore cristologico. Nella sobrietà dei suoi elementi, concentra in sé la profondità dell'intero messaggio evangelico, di cui è quasi un compendio.(2) In esso riecheggia la preghiera di Maria, il suo perenne Magnificat per l'opera dell'Incarnazione redentrice iniziata nel suo grembo verginale. Con esso il popolo cristiano si mette alla scuola di Maria, per lasciarsi introdurre alla contemplazione della bellezza del volto di Cristo e all'esperienza della profondità del suo amore. Mediante il Rosario il credente attinge abbondanza di grazia, quasi ricevendola dalle mani stesse della Madre del Redentore.

I Romani Pontefici e il Rosario

2. A questa preghiera hanno attribuito grande importanza tanti miei Predecessori. Particolari benemerenze ebbe, al riguardo, Leone XIII che il 1º settembre 1883 promulgava l'Enciclica Supremi apostolatus officio,(3) alto pronunciamento col quale inaugurava numerosi altri interventi su questa preghiera indicandola come efficace strumento spirituale di fronte ai mali della società. Tra i Papi più recenti che, in epoca conciliare, si sono distinti nella promozione del Rosario desidero ricordare il Beato Giovanni XXIII(4) e soprattutto Paolo VI, che nell'Esortazione apostolica Marialis cultus sottolineò, in armonia con l'ispirazione del Concilio Ecumenico Vaticano II, il carattere evangelico del Rosario ed il suo orientamento cristologico.

Io stesso, poi, non ho tralasciato occasione per esortare alla frequente recita del Rosario. Fin dai miei anni giovanili questa preghiera ha avuto un posto importante nella mia vita spirituale. Me lo ha ricordato con forza il mio recente viaggio in Polonia, e soprattutto la visita al Santuario di Kalwaria. Il Rosario mi ha accompagnato nei momenti della gioia e in quelli della prova. Ad esso ho consegnato tante preoccupazioni, in esso ho trovato sempre conforto. Ventiquattro anni fa, il 29 ottobre 1978, ad appena due settimane dall'elezione alla Sede di Pietro, quasi aprendo il mio animo così mi esprimevo: « Il Rosario è la mia preghiera prediletta. Preghiera meravigliosa! Meravigliosa nella sua semplicità e nella sua profondità. [...] Si può dire che il Rosario è, in un certo modo, un commento-preghiera dell'ultimo capitolo della Costituzione Lumen gentium del Vaticano II, capitolo che tratta della mirabile presenza della Madre di Dio nel mistero di Cristo e della Chiesa. Difatti, sullo sfondo delle parole Ave Maria passano davanti agli occhi dell'anima i principali episodi della vita di Gesù Cristo. Essi si compongono nell'insieme dei misteri gaudiosi, dolorosi e gloriosi, e ci mettono in comunione viva con Gesù attraverso – potremmo dire – il Cuore della sua Madre. Nello stesso tempo il nostro cuore può racchiudere in queste decine del Rosario tutti i fatti che compongono la vita dell'individuo, della famiglia, della nazione, della Chiesa e dell'umanità. Vicende personali e vicende del prossimo e, in modo particolare, di coloro che ci sono più vicini, che ci stanno più a cuore. Così la semplice preghiera del Rosario batte il ritmo della vita umana ».(5)

Con queste parole, miei cari fratelli e sorelle, immettevo nel ritmo quotidiano del Rosario il mio primo anno di Pontificato. Oggi, all'inizio del venticinquesimo anno di servizio come Successore di Pietro, desidero fare altrettanto. Quante grazie ho ricevuto in questi anni dalla Vergine Santa attraverso il Rosario: Magnificat anima mea Dominum! Desidero elevare il mio grazie al Signore con le parole della sua Madre Santissima, sotto la cui protezione ho posto il mio ministero petrino: Totus tuus!

Ottobre 2002 – ottobre 2003: Anno del Rosario

3. Per questo, sull'onda della riflessione offerta nella Lettera apostolica Novo millennio ineunte, nella quale ho invitato il Popolo di Dio, dopo l'esperienza giubilare, a « ripartire da Cristo »,(6) ho sentito il bisogno di sviluppare una riflessione sul Rosario, quasi a coronamento mariano della stessa Lettera apostolica, per esortare alla contemplazione del volto di Cristo in compagnia e alla scuola della sua Madre Santissima. Recitare il Rosario, infatti, non è altro che contemplare con Maria il volto di Cristo. A dare maggiore rilevanza a questo invito, prendendo occasione dal prossimo centoventesimo anniversario della menzionata Enciclica di Leone XIII, desidero che questa preghiera nel corso dell'anno venga particolarmente proposta e valorizzata nelle varie comunità cristiane. Proclamo, pertanto, l'anno che va dall'ottobre di quest'anno all'ottobre del 2003 Anno del Rosario.

Affido questa indicazione pastorale all'iniziativa delle singole comunità ecclesiali. Con essa non intendo intralciare, ma piuttosto integrare e consolidare i piani pastorali delle Chiese particolari. Ho fiducia che essa venga accolta con generosità e prontezza. Il Rosario, se riscoperto nel suo pieno significato, porta al cuore stesso della vita cristiana ed offre un'ordinaria quanto feconda opportunità spirituale e pedagogica per la contemplazione personale, la formazione del Popolo di Dio e la nuova evangelizzazione. Mi piace ribadirlo anche nel ricordo gioioso di un altro anniversario: i 40 anni dall'inizio del Concilio Ecumenico Vaticano II (11 ottobre 1962), la « grande grazia » predisposta dallo spirito di Dio per la Chiesa del nostro tempo.(7)

Obiezioni al Rosario

4. L'opportunità di tale iniziativa emerge da diverse considerazioni. La prima riguarda l'urgenza di fronteggiare una certa crisi di questa preghiera che, nell'attuale contesto storico e teologico, rischia di essere a torto sminuita nel suo valore e perciò scarsamente proposta alle nuove generazioni. C'è chi pensa che la centralità della Liturgia, giustamente sottolineata dal Concilio Ecumenico Vaticano II, abbia come necessaria conseguenza una diminuzione dell'importanza del Rosario. In realtà, come precisò Paolo VI, questa preghiera non solo non si oppone alla Liturgia, ma le fa da supporto, giacché ben la introduce e la riecheggia, consentendo di viverla con pienezza di partecipazione interiore, raccogliendone frutti nella vita quotidiana.

Forse c'è anche chi teme che essa possa risultare poco ecumenica, per il suo carattere spiccatamente mariano. In realtà, essa si pone nel più limpido orizzonte di un culto alla Madre di Dio, quale il Concilio l'ha delineato: un culto orientato al centro cristologico della fede cristiana, in modo che « quando è onorata la Madre, il Figlio [...] sia debitamente conosciuto, amato, glorificato ».(8) Se riscoperto in modo adeguato, il Rosario è un aiuto, non certo un ostacolo all'ecumenismo!

Via di contemplazione

5. Ma il motivo più importante per riproporre con forza la pratica del Rosario è il fatto che esso costituisce un mezzo validissimo per favorire tra i fedeli quell'impegno di contemplazione del mistero cristiano che ho proposto nella Lettera apostolica Novo millennio ineunte come vera e propria 'pedagogia della santità': « C'è bisogno di un cristianesimo che si distingua innanzitutto nell'arte della preghiera ».(9) Mentre nella cultura contemporanea, pur tra tante contraddizioni, affiora una nuova esigenza di spiritualità, sollecitata anche da influssi di altre religioni, è più che mai urgente che le nostre comunità cristiane diventino « autentiche 'scuole' di preghiera ».(10)

Il Rosario si pone nella migliore e più collaudata tradizione della contemplazione cristiana. Sviluppatosi in Occidente, esso è preghiera tipicamente meditativa e corrisponde, in qualche modo, alla « preghiera del cuore » o « preghiera di Gesù » germogliata sull'humus dell'Oriente cristiano.

Preghiera per la pace e per la famiglia

6. A dare maggiore attualità al rilancio del Rosario si aggiungono alcune circostanze storiche. Prima fra esse, l'urgenza di invocare da Dio il dono della pace. Il Rosario è stato più volte proposto dai miei Predecessori e da me stesso come preghiera per la pace. All'inizio di un Millennio, che è cominciato con le raccapriccianti scene dell'attentato dell'11 settembre 2001 e che registra ogni giorno in tante parti del mondo nuove situazioni di sangue e di violenza, riscoprire il Rosario significa immergersi nella contemplazione del mistero di Colui che « è la nostra pace » avendo fatto « dei due un popolo solo, abbattendo il muro di separazione che era frammezzo, cioè l'inimicizia » (Ef 2, 14). Non si può quindi recitare il Rosario senza sentirsi coinvolti in un preciso impegno di servizio alla pace, con una particolare attenzione alla terra di Gesù, ancora così provata, e tanto cara al cuore cristiano.

Analoga urgenza di impegno e di preghiera emerge su un altro versante critico del nostro tempo, quello della famiglia, cellula della società, sempre più insidiata da forze disgregatrici a livello ideologico e pratico, che fanno temere per il futuro di questa fondamentale e irrinunciabile istituzione e, con essa, per le sorti dell'intera società. Il rilancio del Rosario nelle famiglie cristiane, nel quadro di una più larga pastorale della famiglia, si propone come aiuto efficace per arginare gli effetti devastanti di questa crisi epocale.

« Ecco la tua madre! » (Gv 19, 27)

7. Numerosi segni dimostrano quanto la Vergine Santa voglia anche oggi esercitare, proprio attraverso questa preghiera, la premura materna alla quale il Redentore moribondo affidò, nella persona del discepolo prediletto, tutti i figli della Chiesa: « Donna, ecco il tuo figlio! » (Gv 19, 26). Sono note le svariate circostanze, tra il diciannovesimo e il ventesimo secolo, nelle quali la Madre di Cristo ha fatto in qualche modo sentire la sua presenza e la sua voce per esortare il Popolo di Dio a questa forma di orazione contemplativa. Desidero in particolare ricordare, per l'incisiva influenza che conservano nella vita dei cristiani e per l'autorevole riconoscimento avuto dalla Chiesa, le apparizioni di Lourdes e di Fatima,(11) i cui rispettivi santuari sono meta di numerosi pellegrini, in cerca di sollievo e di speranza.

Sulle orme dei testimoni

8. Sarebbe impossibile citare lo stuolo innumerevole di Santi che hanno trovato nel Rosario un'autentica via di santificazione. Basterà ricordare san Luigi Maria Grignion de Montfort, autore di una preziosa opera sul Rosario,(12) e, più vicino a noi, Padre Pio da Pietrelcina, che ho avuto recentemente la gioia di canonizzare. Uno speciale carisma poi, quale vero apostolo del Rosario, ebbe il beato Bartolo Longo. Il suo cammino di santità poggia su un'ispirazione udita nel profondo del cuore: « Chi propaga il Rosario è salvo! ».(13) Su questa base, egli si sentì chiamato a costruire a Pompei un tempio dedicato alla Vergine del Santo Rosario sullo sfondo dei resti dell'antica Città, appena lambita dall'annuncio cristiano prima di essere sepolta nel 79 dall'eruzione del Vesuvio, ed emersa secoli dopo dalle sue ceneri a testimonianza delle luci e delle ombre della civiltà classica.

Con l'intera sua opera e, in particolare, attraverso i « Quindici Sabati », Bartolo Longo sviluppò l'anima cristologica e contemplativa del Rosario, trovando particolare incoraggiamento e sostegno in Leone XIII, il « Papa del Rosario ».



CAPITOLO I

CONTEMPLARE CRISTO CON MARIA

Un volto splendido come il sole

9. « E apparve trasfigurato davanti a loro; il suo volto brillò come il sole » (Mt 17, 2). La scena evangelica della trasfigurazione di Cristo, nella quale i tre apostoli Pietro, Giacomo e Giovanni appaiono come rapiti dalla bellezza del Redentore, può essere assunta ad icona della contemplazione cristiana. Fissare gli occhi sul volto di Cristo, riconoscerne il mistero nel cammino ordinario e doloroso della sua umanità, fino a coglierne il fulgore divino definitivamente manifestato nel Risorto glorificato alla destra del Padre, è il compito di ogni discepolo di Cristo; è quindi anche compito nostro. Contemplando questo volto ci apriamo ad accogliere il mistero della vita trinitaria, per sperimentare sempre nuovamente l'amore del Padre e godere della gioia dello Spirito Santo. Si realizza così anche per noi la parola di san Paolo: « Riflettendo come in uno specchio la gloria del Signore, veniamo trasformati in quella medesima immagine, di gloria in gloria, secondo l'azione dello Spirito del Signore » (2 Cor 3, 18).

Maria modello di contemplazione

10. La contemplazione di Cristo ha in Maria il suo modello insuperabile. Il volto del Figlio le appartiene a titolo speciale. È nel suo grembo che si è plasmato, prendendo da Lei anche un'umana somiglianza che evoca un'intimità spirituale certo ancora più grande. Alla contemplazione del volto di Cristo nessuno si è dedicato con altrettanta assiduità di Maria. Gli occhi del suo cuore si concentrano in qualche modo su di Lui già nell'Annunciazione, quando lo concepisce per opera dello Spirito Santo; nei mesi successivi comincia a sentirne la presenza e a presagirne i lineamenti. Quando finalmente lo dà alla luce a Betlemme, anche i suoi occhi di carne si portano teneramente sul volto del Figlio, mentre lo avvolge in fasce e lo depone nella mangiatoia (cfr Lc 2, 7).

Da allora il suo sguardo, sempre ricco di adorante stupore, non si staccherà più da Lui. Sarà talora uno sguardo interrogativo, come nell'episodio dello smarrimento nel tempio: « Figlio, perché ci hai fatto così? » (Lc 2, 48); sarà in ogni caso uno sguardo penetrante, capace di leggere nell'intimo di Gesù, fino a percepirne i sentimenti nascosti e a indovinarne le scelte, come a Cana (cfr Gv 2, 5); altre volte sarà uno sguardo addolorato, soprattutto sotto la croce, dove sarà ancora, in certo senso, lo sguardo della 'partoriente', giacché Maria non si limiterà a condividere la passione e la morte dell'Unigenito, ma accoglierà il nuovo figlio a Lei consegnato nel discepolo prediletto (cfr Gv 19, 26-27); nel mattino di Pasqua sarà uno sguardo radioso per la gioia della risurrezione e, infine, uno sguardo ardente per l'effusione dello Spirito nel giorno di Pentecoste (cfr At 1, 14).

I ricordi di Maria

11. Maria vive con gli occhi su Cristo e fa tesoro di ogni sua parola: « Serbava tutte queste cose meditandole nel suo cuore » (Lc 2, 19; cfr 2, 51). I ricordi di Gesù, impressi nel suo animo, l'hanno accompagnata in ogni circostanza, portandola a ripercorrere col pensiero i vari momenti della sua vita accanto al Figlio. Sono stati quei ricordi a costituire, in certo senso, il 'rosario' che Ella stessa ha costantemente recitato nei giorni della sua vita terrena.

Ed anche ora, tra i canti di gioia della Gerusalemme celeste, i motivi del suo grazie e della sua lode permangono immutati. Sono essi ad ispirare la sua materna premura verso la Chiesa pellegrinante, nella quale Ella continua a sviluppare la trama del suo 'racconto' di evangelizzatrice. Maria ripropone continuamente ai credenti i 'misteri' del suo Figlio, col desiderio che siano contemplati, affinché possano sprigionare tutta la loro forza salvifica. Quando recita il Rosario, la comunità cristiana si sintonizza col ricordo e con lo sguardo di Maria.

Rosario, preghiera contemplativa

12. Il Rosario, proprio a partire dall'esperienza di Maria, è una preghiera spiccatamente contemplativa. Privato di questa dimensione, ne uscirebbe snaturato, come sottolineava Paolo VI: « Senza contemplazione, il Rosario è corpo senza anima, e la sua recita rischia di divenire meccanica ripetizione di formule e di contraddire all'ammonimento di Gesù: 'Quando pregate, non siate ciarlieri come i pagani, che credono di essere esauditi in ragione della loro loquacità' (Mt 6, 7). Per sua natura la recita del Rosario esige un ritmo tranquillo e quasi un indugio pensoso, che favoriscano nell'orante la meditazione dei misteri della vita del Signore, visti attraverso il Cuore di Colei che al Signore fu più vicina, e ne dischiudano le insondabili ricchezze ».(14)

Mette conto di soffermarci su questo profondo pensiero di Paolo VI, per far emergere alcune dimensioni del Rosario che meglio ne definiscono il carattere proprio di contemplazione cristologica.

Ricordare Cristo con Maria

13. Il contemplare di Maria è innanzitutto un ricordare. Occorre tuttavia intendere questa parola nel senso biblico della memoria (zakar), che attualizza le opere compiute da Dio nella storia della salvezza. La Bibbia è narrazione di eventi salvifici, che hanno il loro culmine in Cristo stesso. Questi eventi non sono soltanto un 'ieri'; sono anche l''oggi' della salvezza. Questa attualizzazione si realizza in particolare nella Liturgia: ciò che Dio ha compiuto secoli or sono non riguarda soltanto i testimoni diretti degli eventi, ma raggiunge con il suo dono di grazia l'uomo di ogni tempo. Ciò vale, in certo modo, anche di ogni altro devoto approccio a quegli eventi: « farne memoria », in atteggiamento di fede e di amore, significa aprirsi alla grazia che Cristo ci ha ottenuto con i suoi misteri di vita, morte e risurrezione.

Per questo, mentre va ribadito con il Concilio Vaticano II che la Liturgia, quale esercizio dell'ufficio sacerdotale di Cristo e culto pubblico, è « il culmine verso cui tende l'azione della Chiesa e, insieme, la fonte da cui promana tutta la sua forza »,(15) occorre anche ricordare che la vita spirituale « non si esaurisce nella partecipazione alla sola sacra Liturgia. Il cristiano chiamato alla preghiera in comune, nondimeno deve anche entrare nella sua camera per pregare il Padre nel segreto (cfr Mt 6, 6); anzi, deve pregare incessantemente come insegna l'Apostolo (cfr 1Ts 5, 17) ».(16) Il Rosario si pone, con una sua specificità, in questo variegato scenario della preghiera 'incessante', e se la Liturgia, azione di Cristo e della Chiesa, è azione salvifica per eccellenza, il Rosario, quale meditazione su Cristo con Maria, è contemplazione salutare. L'immergersi infatti, di mistero in mistero, nella vita del Redentore, fa sì che quanto Egli ha operato e la Liturgia attualizza venga profondamente assimilato e plasmi l'esistenza.

Imparare Cristo da Maria

14. Cristo è il Maestro per eccellenza, il rivelatore e la rivelazione. Non si tratta solo di imparare le cose che Egli ha insegnato, ma di 'imparare Lui'. Ma quale maestra, in questo, più esperta di Maria? Se sul versante divino è lo Spirito il Maestro interiore che ci porta alla piena verità di Cristo (cfr Gv 14, 26; 15, 26; 16, 13), tra gli esseri umani, nessuno meglio di Lei conosce Cristo, nessuno come la Madre può introdurci a una conoscenza profonda del suo mistero.

Il primo dei 'segni' compiuto da Gesù – la trasformazione dell'acqua in vino alle nozze di Cana – ci mostra Maria appunto nella veste di maestra, mentre esorta i servi a eseguire le disposizioni di Cristo (cfr Gv 2, 5). E possiamo immaginare che tale funzione Ella abbia svolto per i discepoli dopo l'Ascensione di Gesù, quando rimase con loro ad attendere lo Spirito Santo e li confortò nella prima missione. Il passare con Maria attraverso le scene del Rosario è come mettersi alla 'scuola' di Maria per leggere Cristo, per penetrarne i segreti, per capirne il messaggio.

Una scuola, quella di Maria, tanto più efficace, se si pensa che Ella la svolge ottenendoci in abbondanza i doni dello Spirito Santo e insieme proponendoci l'esempio di quella « peregrinazione della fede »,(17) nella quale è maestra incomparabile. Di fronte a ogni mistero del Figlio, Ella ci invita, come nella sua Annunciazione, a porre con umiltà gli interrogativi che aprono alla luce, per concludere sempre con l'obbedienza della fede: « Sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto » (Lc 1, 38).

Conformarsi a Cristo con Maria

15.La spiritualità cristiana ha come suo carattere qualificante l'impegno del discepolo di conformarsi sempre più pienamente al suo Maestro (cfr Rm 8, 29; Fil 3, 10. 21). L'effusione dello Spirito nel Battesimo inserisce il credente come tralcio nella vite che è Cristo (cfr Gv 15, 5), lo costituisce membro del suo mistico Corpo (cfr 1Cor 12, 12; Rm 12,5). A questa unità iniziale, tuttavia, deve corrispondere un cammino di assimilazione crescente a Lui, che orienti sempre più il comportamento del discepolo secondo la 'logica' di Cristo: « Abbiate in voi gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù » (Fil 2, 5). Occorre, secondo le parole dell'Apostolo, « rivestirsi di Cristo » (cfr Rm 13, 14; Gal 3, 27).

Nel percorso spirituale del Rosario, basato sulla contemplazione incessante – in compagnia di Maria – del volto di Cristo, questo ideale esigente di conformazione a Lui viene perseguito attraverso la via di una frequentazione che potremmo dire 'amicale'. Essa ci immette in modo naturale nella vita di Cristo e ci fa come 'respirare' i suoi sentimenti. Dice in proposito il beato Bartolo Longo: « Come due amici, praticando frequentemente insieme, sogliono conformarsi anche nei costumi, così noi, conversando familiarmente con Gesù e la Vergine, nel meditare i Misteri del Rosario, e formando insieme una medesima vita con la Comunione, possiamo divenire, per quanto ne sia capace la nostra bassezza, simili ad essi, ed apprendere da questi sommi esemplari il vivere umile, povero, nascosto, paziente e perfetto ».(18)

Per questo processo di conformazione a Cristo, nel Rosario, noi ci affidiamo in particolare all'azione materna della Vergine Santa. Colei che di Cristo è la genitrice, mentre è essa stessa appartenente alla Chiesa quale « membro eccelso e del tutto eccezionale »,(19) è al tempo stesso la 'Madre della Chiesa'. Come tale continuamente 'genera' figli al Corpo mistico del Figlio. Lo fa mediante l'intercessione, implorando per essi l'effusione inesauribile dello Spirito. Ella è l'icona perfetta della maternità della Chiesa.

Il Rosario ci trasporta misticamente accanto a Maria impegnata a seguire la crescita umana di Cristo nella casa di Nazareth. Ciò le consente di educarci e di plasmarci con la medesima sollecitudine, fino a che Cristo non « sia formato » in noi pienamente (cfr Gal 4, 19). Questa azione di Maria, totalmente fondata su quella di Cristo e ad essa radicalmente subordinata, « non impedisce minimamente l'unione immediata dei credenti con Cristo, ma la facilita ».(20) È il luminoso principio espresso dal Concilio Vaticano II, che ho sperimentato tanto fortemente nella mia vita, facendone la base del mio motto episcopale: Totus tuus.(21) Un motto, com'è noto, ispirato alla dottrina di San Luigi Maria Grignion de Montfort, che così spiegava il ruolo di Maria nel processo di conformazione a Cristo di ciascuno di noi: « Tutta la nostra perfezione consiste nell'essere conformi, uniti e consacrati a Gesù Cristo. Perciò la più perfetta di tutte le devozioni è incontestabilmente quella che ci conforma, unisce e consacra più perfettamente a Gesù Cristo. Ora, essendo Maria la creatura più conforme a Gesù Cristo, ne segue che, tra tutte le devozioni, quella che consacra e conforma di più un'anima a Nostro Signore è la devozione a Maria, sua santa Madre, e che più un'anima sarà consacrata a lei, più sarà consacrata a Gesù Cristo ».(22) Mai come nel Rosario la via di Cristo e quella di Maria appaiono così profondamente congiunte. Maria non vive che in Cristo e in funzione di Cristo!

Supplicare Cristo con Maria

16.Cristo ci ha invitati a rivolgerci a Dio con insistenza e fiducia per essere esauditi: « Chiedete e vi sarà dato; cercate e troverete; bussate e vi sarà aperto » (Mt 7, 7). Il fondamento di questa efficacia della preghiera è la bontà del Padre, ma anche la mediazione presso di Lui da parte di Cristo stesso (cfr 1Gv 2, 1) e l'azione dello Spirito Santo, che « intercede per noi » secondo i disegni di Dio (cfr Rm 8, 26-27). Noi infatti « nemmeno sappiamo che cosa sia conveniente domandare » (Rm 8, 26) e talvolta non veniamo esauditi perché « chiediamo male » (cfr Gc 4, 2-3).

A sostegno della preghiera, che Cristo e lo Spirito fanno sgorgare nel nostro cuore, interviene Maria con la sua intercessione materna. « La preghiera della Chiesa è come sostenuta dalla preghiera di Maria ».(23) In effetti, se Gesù, unico Mediatore, è la Via della nostra preghiera, Maria, pura trasparenza di Lui, mostra la Via, ed « è a partire da questa singolare cooperazione di Maria all'azione dello Spirito Santo, che le Chiese hanno sviluppato la preghiera alla santa Madre di Dio, incentrandola sulla persona di Cristo manifestata nei suoi misteri ».(24) Alle nozze di Cana il Vangelo mostra appunto l'efficacia dell'intercessione di Maria, che si fa portavoce presso Gesù delle umane necessità: « Non hanno più vino » (Gv 2, 3).

Il Rosario è insieme meditazione e supplica. L'insistente implorazione della Madre di Dio poggia sulla fiducia che la sua materna intercessione può tutto sul cuore del Figlio. Ella è « onnipotente per grazia »,(25) come, con audace espressione da ben comprendere, diceva nella sua Supplica alla Vergine il beato Bartolo Longo. Una certezza, questa, che, a partire dal Vangelo, si è andata consolidando per via di esperienza nel popolo cristiano. Il sommo poeta Dante la interpreta stupendamente, nella linea di san Bernardo, quando canta: « Donna, se' tanto grande e tanto vali, / che qual vuol grazia e a te non ricorre, / sua disianza vuol volar sanz'ali ».(26) Nel Rosario Maria, santuario dello Spirito Santo (cfr Lc 1, 35), mentre è supplicata da noi, si pone per noi davanti al Padre che l'ha colmata di grazia e al Figlio nato dal suo grembo, pregando con noi e per noi.

Annunciare Cristo con Maria

17. Il Rosario è anche un percorso di annuncio e di approfondimento, nel quale il mistero di Cristo viene continuamente ripresentato ai diversi livelli dell'esperienza cristiana. Il modulo è quello di unapresentazione orante e contemplativa, che mira a plasmare il discepolo secondo il cuore di Cristo. In effetti, se nella recita del Rosario tutti gli elementi per un'efficace meditazione vengono adeguatamente valorizzati, ne nasce, specialmente nella celebrazione comunitaria nelle parrocchie e nei santuari, una significativa opportunità catechetica che i Pastori devono saper cogliere. La Vergine del Rosario continua anche in questo modo la sua opera di annuncio di Cristo. La storia del Rosario mostra come questa preghiera sia stata utilizzata specialmente dai Domenicani, in un momento difficile per la Chiesa a motivo del diffondersi dell'eresia. Oggi siamo davanti a nuove sfide. Perché non riprendere in mano la Corona con la fede di chi ci ha preceduto? Il Rosario conserva tutta la sua forza e rimane una risorsa non trascurabile nel corredo pastorale di ogni buon evangelizzatore.



CAPITOLO II

MISTERI DI CRISTO -
MISTERI DELLA MADRE

Il Rosario « compendio del Vangelo »

18. Alla contemplazione del volto di Cristo non ci si introduce che ascoltando, nello Spirito, la voce del Padre, perché « nessuno conosce il Figlio se non il Padre » (Mt 11, 27). Nei pressi di Cesarea di Filippo, di fronte alla confessione di Pietro, Gesù preciserà la fonte di una così limpida intuizione della sua identità: « Né la carne né il sangue te l'hanno rivelato, ma il Padre mio che sta nei cieli » (Mt 16, 17). È necessaria dunque la rivelazione dall'alto. Ma per accoglierla, è indispensabile mettersi in ascolto: « Solo l'esperienza del silenzio e della preghiera offre l'orizzonte adeguato in cui può maturare e svilupparsi la conoscenza più vera, aderente e coerente, di quel mistero ».(27)

Il Rosario è uno dei percorsi tradizionali della preghiera cristiana applicata alla contemplazione del volto di Cristo. Così lo descrisse il Papa Paolo VI: « Preghiera evangelica, incentrata nel mistero dell'incarnazione redentrice, il Rosario è,dunque, preghiera di orientamento nettamente cristologico. Infatti, il suo elemento caratteristico – la ripetizione litanica del « Rallegrati, Maria » – diviene anch'esso lode incessante a Cristo, termine ultimo dell'annuncio dell'Angelo e del saluto della madre del Battista: 'Benedetto il frutto del tuo seno' (Lc 1, 42). Diremo di più: la ripetizione dell'Ave Maria costituisce l'ordito, sul quale si sviluppa la contemplazione dei misteri: il Gesù che ogni Ave Maria richiama, è quello stesso che la successione dei misteri ci propone, a volta a volta, Figlio di Dio e della Vergine ».(28)

Una opportuna integrazione

19. Dei tanti misteri della vita di Cristo, il Rosario, così come si è consolidato nella pratica più comune avvalorata dall'autorità ecclesiale, ne addita solo alcuni. Tale selezione è stata imposta dall'ordito originario di questa preghiera, che si venne organizzando sul numero 150 corrispondente a quello dei Salmi.

Ritengo tuttavia che, per potenziare lo spessore cristologico del Rosario, sia opportuna un'integrazione che, pur lasciata alla libera valorizzazione dei singoli e delle comunità, gli consenta di abbracciare anche i misteri della vita pubblica di Cristo tra il Battesimo e la Passione. È infatti nell'arco di questi misteri che contempliamo aspetti importanti della persona di Cristo qualerivelatore definitivo di Dio. Egli è Colui che, dichiarato Figlio diletto del Padre nel Battesimo al Giordano, annuncia la venuta del Regno, la testimonia con le opere, ne proclama le esigenze. È negli anni della vita pubblica che il mistero di Cristo si mostra a titolo speciale quale mistero di luce: « Finché sono nel mondo, sono la luce del mondo » (Gv 9, 5).

Affinché il Rosario possa dirsi in modo più pieno 'compendio del Vangelo', è perciò conveniente che, dopo aver ricordato l'incarnazione e la vita nascosta di Cristo (misteri della gioia), e prima di soffermarsi sulle sofferenze della passione (misteri del dolore), e sul trionfo della risurrezione (misteri della gloria), la meditazione si porti anche su alcuni momenti particolarmente significativi della vita pubblica (misteri della luce). Questa integrazione di nuovi misteri, senza pregiudicare nessun aspetto essenziale dell'assetto tradizionale di questa preghiera, è destinata a farla vivere con rinnovato interesse nella spiritualità cristiana, quale vera introduzione alla profondità del Cuore di Cristo, abisso di gioia e di luce, di dolore e di gloria.

Misteri della gioia

20. Il primo ciclo, quello dei 'misteri gaudiosi', è effettivamente caratterizzato dalla gioia che irradia dall'evento dell'Incarnazione. Ciò è evidente fin dall'Annunciazione, dove il saluto di Gabriele alla Vergine di Nazareth si riallaccia all'invito alla gioia messianica: « Rallegrati, Maria ». A questo annuncio approda tutta la storia della salvezza, anzi, in certo modo, la storia stessa del mondo. Se infatti il disegno del Padre è di ricapitolare in Cristo tutte le cose (cfr Ef 1, 10), è l'intero universo che in qualche modo è raggiunto dal divino favore con cui il Padre si china su Maria per renderla Madre del suo Figlio. A sua volta, tutta l'umanità è come racchiusa nel fiat con cui Ella prontamente corrisponde alla volontà di Dio.

All'insegna dell'esultanza è poi la scena dell'incontro con Elisabetta, dove la voce stessa di Maria e la presenza di Cristo nel suo grembo fanno « sussultare di gioia » Giovanni (cfr Lc 1, 44). Soffusa di letizia è la scena di Betlemme, in cui la nascita del Bimbo divino, il Salvatore del mondo, è cantata dagli angeli e annunciata ai pastori proprio come « una grande gioia » (Lc 2, 10).

Ma già i due ultimi misteri, pur conservando il sapore della gioia, anticipano i segni del dramma. La presentazione al tempio, infatti, mentre esprime la gioia della consacrazione e immerge nell'estasi il vecchio Simeone, registra anche la profezia del « segno di contraddizione » che il Bimbo sarà per Israele e della spada che trafiggerà l'anima della Madre (cfr Lc 2, 34-35). Gioioso e insieme drammatico è pure l'episodio di Gesù dodicenne al tempio. Egli qui appare nella sua divina sapienza, mentre ascolta e interroga, e sostanzialmente nella veste di colui che 'insegna'. La rivelazione del suo mistero di Figlio tutto dedito alle cose del Padre è annuncio di quella radicalità evangelica che pone in crisi anche i legami più cari dell'uomo, di fronte alle esigenze assolute del Regno. Gli stessi Giuseppe e Maria, trepidanti e angosciati, « non compresero le sue parole » (Lc 2, 50).

Meditare i misteri 'gaudiosi' significa così entrare nelle motivazioni ultime e nel significato profondo della gioia cristiana. Significa fissare lo sguardo sulla concretezza del mistero dell'Incarnazione e sull'oscuro preannuncio del mistero del dolore salvifico. Maria ci conduce ad apprendere il segreto della gioia cristiana, ricordandoci che il cristianesimo è innanzitutto euanghelion, 'buona notizia', che ha il suo centro, anzi il suo stesso contenuto, nella persona di Cristo, il Verbo fatto carne, unico Salvatore del mondo.

Misteri della luce

21. Passando dall'infanzia e dalla vita di Nazareth alla vita pubblica di Gesù, la contemplazione ci porta su quei misteri che si possono chiamare, a titolo speciale, 'misteri della luce'. In realtà, è tutto il mistero di Cristo che è luce. Egli è « la luce del mondo » (Gv 8, 12). Ma questa dimensione emerge particolarmente negli anni della vita pubblica, quando Egli annuncia il vangelo del Regno. Volendo indicare alla comunità cristiana cinque momenti significativi – misteri 'luminosi' – di qesta fase della vita di Cristo, ritengo che essi possano essere opportunamente individuati: 1. nel suo Battesimo al Giordano, 2. nella sua auto-rivelazione alle nozze di Cana, 3. nell'annuncio del Regno di Dio con l'invito alla conversione, 4. nella sua Trasfigurazione e, infine, 5. nell'istituzione dell'Eucaristia, espressione sacramentale del mistero pasquale.

Ognuno di questi misteri è rivelazione del Regno ormai giunto nella persona stessa di Gesù. È mistero di luce innanzitutto il Battesimo al Giordano. Qui, mentre il Cristo scende, quale innocente che si fa 'peccato' per noi (cfr 2Cor 5, 21), nell'acqua del fiume, il cielo si apre e la voce del Padre lo proclama Figlio diletto (cfr Mt 3, 17 e par), mentre lo Spirito scende su di Lui per investirlo della missione che lo attende. Mistero di luce è l'inizio dei segni a Cana (cfr Gv 2, 1-12), quando Cristo, cambiando l'acqua in vino, apre alla fede il cuore dei discepoli grazie all'intervento di Maria, la prima dei credenti. Mistero di luce è la predicazione con la quale Gesù annuncia l'avvento del Regno di Dio e invita alla conversione (cfr Mc 1, 15), rimettendo i peccati di chi si accosta a Lui con umile fiducia (cfr Mc 2, 3-13; Lc 7, 47-48), inizio del ministero di misericordia che Egli continuerà ad esercitare fino alla fine del mondo, specie attraverso il sacramento della Riconciliazione affidato alla sua Chiesa (cfr Gv 20, 22-23). Mistero di luce per eccellenza è poi la Trasfigurazione, avvenuta, secondo la tradizione, sul Monte Tabor. La gloria della Divinità sfolgora sul volto di Cristo, mentre il Padre lo accredita agli Apostoli estasiati perché lo ascoltino (cfr Lc 9, 35 e par) e si dispongano a vivere con Lui il momento doloroso della Passione, per giungere con Lui alla gioia della Risurrezione e a una vita trasfigurata dallo Spirito Santo. Mistero di luce è, infine, l'istituzione dell'Eucaristia, nella quale Cristo si fa nutrimento con il suo Corpo e il suo Sangue sotto i segni del pane e del vino, testimoniando « sino alla fine » il suo amore per l'umanità (Gv 13, 1), per la cui salvezza si offrirà in sacrificio.

In questi misteri, tranne che a Cana, la presenza di Maria rimane sullo sfondo. I Vangeli accennano appena a qualche sua presenza occasionale in un momento o nell'altro della predicazione di Gesù (cfr Mc 3, 31-35; Gv 2, 12) e nulla dicono di un'eventuale presenza nel Cenacolo al momento dell'istituzione dell'Eucaristia. Ma la funzione che svolge a Cana accompagna, in qualche modo, tutto il cammino di Cristo. La rivelazione, che nel Battesimo al Giordano è offerta direttamente dal Padre ed è riecheggiata dal Battista, sta a Cana sulla sua bocca, e diventa la grande ammonizione materna che Ella rivolge alla Chiesa di tutti i tempi: « Fate quello che vi dirà » (Gv 2, 5). È ammonizione, questa, che ben introduce parole e segni di Cristo durante la vita pubblica, costituendo lo sfondo mariano di tutti i 'misteri della luce'.

Misteri del dolore

22. Ai misteri del dolore di Cristo i Vangeli danno grande rilievo. Da sempre la pietà cristiana, specialmente nella Quaresima, attraverso la pratica della Via Crucis, si è soffermata sui singoli momenti della Passione, intuendo che è qui il culmine della rivelazione dell'amore ed è qui la sorgente della nostra salvezza. Il Rosario sceglie alcuni momenti della Passione, inducendo l'orante a fissarvi lo sguardo del cuore e a riviverli. Il percorso meditativo si apre col Getsemani, lì dove Cristo vive un momento particolarmente angoscioso di fronte alla volontà del Padre, alla quale la debolezza della carne sarebbe tentata di ribellarsi. Lì Cristo si pone nel luogo di tutte le tentazioni dell'umanità, e di fronte a tutti i peccati dell'umanità, per dire al Padre: « Non sia fatta la mia, ma la tua volontà » (Lc 22, 42 e par). Questo suo 'sì' ribalta il 'no' dei progenitori nell'Eden. E quanto questa adesione alla volontà del Padre debba costargli emerge dai misteri seguenti, nei quali, la salita al Calvario, con la flagellazione, la coronazione di spine, la morte in croce, Egli è gettato nella più grande abiezione: Ecce homo!

In questa abiezione è rivelato non soltanto l'amore di Dio, ma il senso stesso dell'uomo. Ecce homo: chi vuol conoscere l'uomo, deve saperne riconoscere il senso, la radice e il compimento in Cristo, Dio che si abbassa per amore « fino alla morte, e alla morte di croce » (Fil 2, 8). I misteri del dolore portano il credente a rivivere la morte di Gesù ponendosi sotto la croce accanto a Maria, per penetrare con Lei nell'abisso dell'amore di Dio per l'uomo e sentirne tutta la forza rigeneratrice.

Misteri della gloria

23.« La contemplazione del volto di Cristo non può fermarsi all'immagine di Lui crocifisso. Egli è il Risorto! ».(29) Da sempre il Rosario esprime questa consapevolezza della fede, invitando il credente ad andare oltre il buio della Passione, per fissare lo sguardo sulla gloria di Cristo nella Risurrezione e nell'Ascensione. Contemplando il Risorto il cristiano riscopre le ragioni della propria fede (cfr 1 Cor 15, 14), e rivive la gioia non soltanto di coloro ai quali Cristo si manifestò – gli Apostoli, la Maddalena, i discepoli di Emmaus –, ma anche la gioia di Maria, che dovette fare un'esperienza non meno intensa della nuova esistenza del Figlio glorificato. A questa gloria che, con l'Ascensione, pone il Cristo alla destra del Padre, Ella stessa sarà sollevata con l'Assunzione, giungendo, per specialissimo privilegio, ad anticipare il destino riservato a tutti i giusti con la risurrezione della carne. Coronata infine di gloria – come appare nell'ultimo mistero glorioso – Ella rifulge quale Regina degli Angeli e dei Santi, anticipazione e vertice della condizione escatologica della Chiesa.

Al centro di questo percorso di gloria del Figlio e della Madre, il Rosario pone, nel terzo mistero glorioso, la Pentecoste, che mostra il volto della Chiesa quale famiglia riunita con Maria, ravvivata dall'effusione potente dello Spirito, pronta per la missione evangelizzatrice. La contemplazione di questo, come degli altri misteri gloriosi, deve portare i credenti a prendere coscienza sempre più viva della loro esistenza nuova in Cristo, all'interno della realtà della Chiesa, un'esistenza di cui la scena della Pentecoste costituisce la grande 'icona'. I misteri gloriosi alimentano così nei credenti la speranza della meta escatologica verso cui sono incamminati come membri del Popolo di Dio pellegrinante nella storia. Ciò non può non spingerli ad una coraggiosa testimonianza di quel « lieto annunzio » che dà senso a tutta la loro esistenza.

Dai 'misteri' al 'Mistero': la via di Maria

24. Questi cicli meditativi proposti nel Santo Rosario non sono certo esaustivi, ma richiamano l'essenziale, introducendo l'animo al gusto di una conoscenza di Cristo che continuamente attinge alla fonte pura del testo evangelico. Ogni singolo tratto della vita di Cristo, com'è narrato dagli Evangelisti, rifulge di quel Mistero che supera ogni conoscenza (cfr Ef 3, 19). È il Mistero del Verbo fatto carne, nel quale « abita corporalmente tutta la pienezza della divinità » (Col 2, 9). Per questo il Catechismo della Chiesa Cattolica insiste tanto sui misteri di Cristo, ricordando che « tutto nella vita di Gesù è segno del suo Mistero ».(30) Il « duc in altum » della Chiesa nel terzo Millennio si misura sulla capacità dei cristiani di « penetrare nella perfetta conoscenza del mistero di Dio, cioè Cristo, nel quale sono nascosti tutti i tesori della sapienza e della scienza » (Col 2, 2-3). A ciascun battezzato è rivolto l'ardente auspicio della Lettera agli Efesini: « Che il Cristo abiti per la fede nei vostri cuori e così, radicati e fondati nella carità, siate in grado di [...] conoscere l'amore di Cristo che sorpassa ogni conoscenza, perché siate ricolmi di tutta la pienezza di Dio » (3, 17-19).

Il Rosario si pone a servizio di questo ideale, offrendo il 'segreto' per aprirsi più facilmente a una conoscenza profonda e coinvolgente di Cristo. Potremmo dirlo la via di Maria. È la via dell'esempio della Vergine di Nazareth, donna di fede, di silenzio e di ascolto. È insieme la via di una devozione mariana animata dalla consapevolezza dell'inscindibile rapporto che lega Cristo alla sua Madre Santissima: i misteri di Cristo sono anche, in certo senso, i misteri della Madre, persino quando non vi è direttamente coinvolta, per il fatto stesso che Ella vive di Lui e per Lui. Facendo nostre nell'Ave Maria le parole dell'angelo Gabriele e di sant'Elisabetta, ci sentiamo spinti a cercare sempre nuovamente in Maria, tra le sue braccia e nel suo cuore, il « frutto benedetto del suo grembo » (cfr Lc 1, 42).

Mistero di Cristo, 'mistero' dell'uomo

25. Nella già ricordata testimonianza del 1978 sul Rosario quale mia preghiera prediletta, espressi un concetto sul quale desidero ritornare.

Dissi allora che « la semplice preghiera del Rosario batte il ritmo della vita umana ».(31)

Alla luce delle riflessioni finora svolte sui misteri di Cristo, non è difficile approfondire questa implicazione antropologica del Rosario. Un'implicazione più radicale di quanto non appaia a prima vista. Chi si pone in contemplazione di Cristo ripercorrendo le tappe della sua vita, non può non cogliere in Lui anche la verità sull'uomo. È la grande affermazione del Concilio Vaticano II, che fin dalla Lettera enciclica Redemptor hominis ho fatto tante volte oggetto del mio magistero: « In realtà, il mistero dell'uomo si illumina veramente soltanto nel mistero del Verbo incarnato ».(32) Il Rosario aiuta ad aprirsi a questa luce. Seguendo il cammino di Cristo, nel quale il cammino dell'uomo è « ricapitolato »,(33) svelato e redento, il credente si pone davanti all'immagine dell'uomo vero. Contemplando la sua nascita impara la sacralità della vita, guardando alla casa di Nazareth apprende la verità originaria sulla famiglia secondo il disegno di Dio, ascoltando il Maestro nei misteri della vita pubblica attinge la luce per entrare nel Regno di Dio e, seguendolo sulla via del Calvario, impara il senso del dolore salvifico. Infine, contemplando Cristo e sua Madre nella gloria, vede il traguardoa cui ciascuno di noi è chiamato, se si lascia sanare e trasfigurare dallo Spirito Santo. Si può dire così che ciascun mistero del Rosario, ben meditato, getta luce sul mistero dell'uomo.

Al tempo stesso, diventa naturale portare a questo incontro con la santa umanità del Redentore i tanti problemi, assilli, fatiche e progetti che segnano la nostra vita. « Getta sul Signore il tuo affanno, ed egli ti darà sostegno » (Sal 55, 23). Meditare col Rosario significa consegnare i nostri affanni ai cuori misericordiosi di Cristo e della Madre sua. A distanza di venticinque anni, ripensando alle prove che non sono mancate nemmeno nell'esercizio del ministero petrino, mi sento di ribadire, quasi come un caldo invito rivolto a tutti perché ne facciano personale esperienza: sì, davvero il Rosario « batte il ritmo della vita umana », per armonizzarla col ritmo della vita divina, nella gioiosa comunione della Santa Trinità, destino e anelito della nostra esistenza.



CAPITOLO III

PER ME VIVERE È CRISTO

Il Rosario, via di assimilazione del mistero

26. La meditazione dei misteri di Cristo è proposta nel Rosario con un metodo caratteristico, atto per sua natura a favorire la loro assimilazione. È il metodo basato sulla ripetizione. Ciò vale innanzitutto per l'Ave Maria, ripetuta per ben dieci volte ad ogni mistero. Se si guarda superficialmente a questa ripetizione, si potrebbe essere tentati di ritenere il Rosario una pratica arida e noiosa. Ben altra considerazione, invece, si può giungere ad avere della Corona, se la si considera come espressione di quell'amore che non si stanca di tornare alla persona amata con effusioni che, pur simili nella manifestazione, sono sempre nuove per il sentimento che le pervade.

In Cristo, Dio ha assunto davvero un « cuore di carne ». Egli non ha soltanto un cuore divino, ricco di misericordia e di perdono, ma anche un cuore umano, capace di tutte le vibrazioni dell'affetto. Se avessimo bisogno in proposito di una testimonianza evangelica, non sarebbe difficile trovarla nel toccante dialogo di Cristo con Pietro dopo la Risurrezione: « Simone di Giovanni, mi vuoi bene? ». Per ben tre volte è posta la domanda, per ben tre volte è data la risposta: « Signore, tu lo sai che ti voglio bene » (cfr Gv 21, 15-17). Al di là dello specifico significato del brano, così importante per la missione di Pietro, a nessuno sfugge la bellezza di questa triplice ripetizione, in cui l'insistente richiesta e la relativa risposta si esprimono in termini ben noti all'esperienza universale dell'amore umano. Per comprendere il Rosario, bisogna entrare nella dinamica psicologica che è propria dell'amore.

Una cosa è chiara: se la ripetizione dell'Ave Maria si rivolge direttamente a Maria, con Lei e attraverso di Lei è in definitiva a Gesù che va l'atto di amore. La ripetizione si alimenta del desiderio di una conformazione sempre più piena a Cristo, vero 'programma' della vita cristiana. San Paolo ha enunciato questo programma con parole infuocate: « Per me il vivere è Cristo e il morire un guadagno » (Fil 1, 21). E ancora: « Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me » (Gal 2, 20). Il Rosario ci aiuta a crescere in questa conformazione fino al traguardo della santità.

Un metodo valido...

27. Che il rapporto con Cristo possa avvalersi anche dell'aiuto di un metodo non deve stupire. Iddio si comunica all'uomo rispettando il modo di essere della nostra natura ed i suoi ritmi vitali. Per questo la spiritualità cristiana, pur conoscendo le forme più sublimi del silenzio mistico, nel quale tutte le immagini, le parole e i gesti sono come superati dall'intensità di una unione ineffabile dell'uomo con Dio, è normalmente segnata dal coinvolgimento totale della persona, nella sua complessa realtà psico-fisica e relazionale.

Questo appare in modo evidente nella Liturgia. I Sacramenti e i sacramentali sono strutturati con una serie di riti, che chiamano in causa le diverse dimensioni della persona. Anche la preghiera non liturgica esprime la stessa esigenza. Lo conferma il fatto che, in Oriente, la più caratteristica preghiera della meditazione cristologica, quella centrata sulle parole: « Gesù, Cristo, Figlio di Dio, Signore, abbi pietà di me peccatore »,(34) è tradizionalmente legata al ritmo del respiro, che, mentre favorisce la perseveranza nell'invocazione, assicura quasi una densità fisica al desiderio che Cristo diventi il respiro, l'anima e il 'tutto' della vita.

... che tuttavia può essere migliorato

28. Ho ricordato, nella Lettera apostolica Novo millennio ineunte, che c'è oggi anche in Occidente una rinnovata esigenza di meditazione, che trova a volte in altre religioni modalità piuttosto accattivanti.(35) Non mancano i cristiani che, per la poca conoscenza della tradizione contemplativa cristiana, si lasciano allettare da quelle proposte. Esse tuttavia, pur avendo elementi positivi e talvolta integrabili con l'esperienza cristiana, nascondono spesso un fondo ideologico inaccettabile. Anche in quelle esperienze è molto in voga una metodologia che, mirando al traguardo di un'alta concentrazione spirituale, si avvale di tecniche di carattere psico-fisico, ripetitive e simboliche. Il Rosario si pone in questo quadro universale della fenomenologia religiosa, ma si delinea con caratteristiche proprie, che rispondono alle esigenze tipiche della specificità cristiana.

In effetti, esso non è che un metodo per contemplare. Come metodo, va utilizzato in relazione al fine e non può diventare fine a se stesso. Tuttavia, essendo frutto di secolare esperienza, anche il metodo non va sottovalutato. Milita a suo favore l'esperienza di innumerevoli Santi. Ciò non toglie, però, che esso possa essere migliorato. Proprio a questo mira l'integrazione, nel ciclo dei misteri, della nuova serie dei mysteria lucis, unitamente ad alcuni suggerimenti relativi alla recita che propongo in questa Lettera. Con essi, pur rispettando la struttura ampiamente consolidata di questa preghiera, vorrei aiutare i fedeli a comprenderla nei suoi risvolti simbolici, in sintonia con le esigenze della vita quotidiana. Senza questo, c'è il rischio che il Rosario non solo non produca gli effetti spirituali auspicati, ma persino che la corona, con la quale si è soliti recitarlo, finisca per essere sentita alla stregua di un amuleto o di un oggetto magico, con un radicale travisamento del suo senso e della sua funzione.

L'enunciazione del mistero

29. Enunciare il mistero, e magari avere l'opportunità di fissare contestualmente un'icona che lo raffiguri, è come aprire uno scenario su cui concentrare l'attenzione. Le parole guidano l'immaginazione e l'animo a quel determinato episodio o momento della vita di Cristo. Nella spiritualità che si è sviluppata nella Chiesa, sia la venerazione di icone che le molte devozioni ricche di elementi sensibili, come anche lo stesso metodo proposto da sant'Ignazio di Loyola negli Esercizi Spirituali, hanno fatto ricorso all'elemento visivo e immaginativo (la compositio loci), ritenendolo di grande aiuto per favorire la concentrazione dell'animo sul mistero. È una metodologia, del resto, che corrisponde alla logica stessa dell'Incarnazione: Dio ha voluto prendere, in Gesù, lineamenti umani. È attraverso la sua realtà corporea che noi veniamo condotti a prendere contatto con il suo mistero divino.

A questa esigenza di concretezza risponde anche l'enunciazione dei vari misteri del Rosario. Certo, essi non sostituiscono il Vangelo e neppure richiamano tutte le sue pagine. Il Rosario, pertanto, non sostituisce la lectio divina, al contrario la suppone e la promuove. Ma se i misteri considerati nel Rosario, anche con il completamento dei mysteria lucis, si limitano alle linee fondamentali della vita di Cristo, da essi l'animo può facilmente spaziare sul resto del Vangelo, soprattutto quando il Rosario è recitato in particolari momenti di prolungato raccoglimento.

L'ascolto della Parola di Dio

30. Per dare fondamento biblico e maggiore profondità alla meditazione, è utile che l'enunciazione del mistero sia seguita dalla proclamazione di un passo biblico corrispondente che, a seconda delle circostanze, può essere più o meno ampio. Le altre parole, infatti, non raggiungono mai l'efficacia propria della parola ispirata. Questa va ascoltata con la certezza che è Parola di Dio, pronunciata per l'oggi e « per me ».

Accolta così, essa entra nella metodologia di ripetizione del Rosario senza suscitare la noia che sarebbe causata dal semplice richiamo di un'informazione ormai ben acquisita. No, non si tratta di riportare alla memoria un'informazione, ma di lasciar 'parlare' Dio. In qualche occasione solenne e comunitaria, questa parola può essere opportunamente illustrata da qualche breve commento.

Il silenzio

31. L'ascolto e la meditazione si nutrono di silenzio. È opportuno che, dopo l'enunciazione del mistero e la proclamazione della Parola, per un congruo periodo di tempo ci si fermi a fissare lo sguardo sul mistero meditato, prima di iniziare la preghiera vocale. La riscoperta del valore del silenzio è uno dei segreti per la pratica della contemplazione e della meditazione. Tra i limiti di una società fortemente tecnologizzata e mass-mediatica, c'è anche il fatto che il silenzio diventa sempre più difficile. Come nella Liturgia sono raccomandati momenti di silenzio, anche nella recita del Rosario una breve pausa è opportuna dopo l'ascolto della Parola di Dio, mentre l'animo si fissa sul contenuto di un determinato mistero.

Il « Padre nostro »

32. Dopo l'ascolto della Parola e la focalizzazione del mistero è naturale che l'animo si innalzi verso il Padre. Gesù, in ciascuno dei suoi misteri, ci porta sempre al Padre, a cui Egli continuamente si rivolge, perché nel suo 'seno' riposa (cfr Gv 1, 18). Nell'intimità del Padre Egli ci vuole introdurre, perché diciamo con Lui « Abbà, Padre » (Rm 8, 15; Gal 4, 6). È in rapporto al Padre che Egli ci fa fratelli suoi e fratelli tra di noi, comunicandoci lo Spirito che è suo e del Padre insieme. Il Padre nostro, posto quasi come fondamento alla meditazione cristologico-mariana che si sviluppa attraverso la ripetizione dell'Ave Maria, rende la meditazione del mistero, anche quando è compiuta in solitudine, un'esperienza ecclesiale.

Le dieci « Ave Maria »

33. È questo l'elemento più corposo del Rosario e insieme quello che ne fa una preghiera mariana per eccellenza. Ma proprio alla luce dell'Ave Maria ben compresa, si avverte con chiarezza che il carattere mariano non solo non si oppone a quello cristologico, ma anzi lo sottolinea e lo esalta. La prima parte dell'Ave Maria, infatti, desunta dalle parole rivolte a Maria dall'angelo Gabriele e da sant'Elisabetta, è contemplazione adorante del mistero che si compie nella Vergine di Nazareth. Esse esprimono, per così dire, l'ammirazione del cielo e della terra e fanno, in certo senso, trapelare l'incanto di Dio stesso nel contemplare il suo capolavoro – l'incarnazione del Figlio nel grembo verginale di Maria –, nella linea di quel gioioso sguardo della Genesi (cfr Gn 1, 31), di quell'originario « pathos con cui Dio, all'alba della creazione, guardò all'opera delle sue mani ».(36) Il ripetersi, nel Rosario, dell'Ave Maria, ci pone sull'onda dell'incanto di Dio: è giubilo, stupore, riconoscimento del più grande miracolo della storia. È il compimento della profezia di Maria: « D'ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata » (Lc 1, 48).

Il baricentro dell'Ave Maria, quasi cerniera tra la prima e la seconda parte, è il nome di Gesù. Talvolta, nella recitazione frettolosa, questo baricentro sfugge, e con esso anche l'aggancio al mistero di Cristo che si sta contemplando. Ma è proprio dall'accento che si dà al nome di Gesù e al suo mistero che si contraddistingue una significativa e fruttuosa recita del Rosario. Già Paolo VI ricordò, nell'Esortazione apostolica Marialis cultus, l'uso praticato in alcune regioni di dar rilievo al nome di Cristo, aggiungendoviuna clausola evocatrice del mistero che si sta meditando.(37) È un uso lodevole, specie nella recita pubblica. Esso esprime con forza la fede cristologica, applicata ai diversi momenti della vita del Redentore. È professione di fede e, al tempo stesso, aiuto a tener desta la meditazione, consentendo di vivere la funzione assimilante, insita nella ripetizione dell'Ave Maria, rispetto al mistero di Cristo. Ripetere il nome di Gesù – l'unico nome nel quale ci è dato di sperare salvezza (cfr At 4, 12) – intrecciato con quello della Madre Santissima, e quasi lasciando che sia Lei stessa a suggerirlo a noi, costituisce un cammino di assimilazione, che mira a farci entrare sempre più profondamente nella vita di Cristo.

Dallo specialissimo rapporto con Cristo, che fa di Maria la Madre di Dio, la Theotòkos, deriva, poi, la forza della supplica con la quale a Lei ci rivolgiamo nella seconda parte della preghiera, affidando alla sua materna intercessione la nostra vita e l'ora della nostra morte.

Il « Gloria »

34. La dossologia trinitaria è il traguardo della contemplazione cristiana. Cristo è infatti la via che ci conduce al Padre nello Spirito. Se percorriamo fino in fondo questa via, ci ritroviamo continuamente di fronte al mistero delle tre Persone divine da lodare, adorare, ringraziare. È importante che il Gloria, culmine della contemplazione, sia messo bene in evidenza nel Rosario. Nella recita pubblica potrebbe essere cantato, per dare opportuna enfasi a questa prospettiva strutturale e qualificante di ogni preghiera cristiana.

Nella misura in cui la meditazione del mistero è stata attenta, profonda, ravvivata – di Ave in Ave – dall'amore per Cristo e per Maria, la glorificazione trinitaria ad ogni diecina, lungi dal ridursi ad una rapida conclusione, acquista il suo giusto tono contemplativo, come per elevare l'animo all'altezza del Paradiso e farci rivivere, in qualche modo, l'esperienza del Tabor, anticipazione della contemplazione futura: « È bello per noi stare qui » (Lc 9, 33).

La giaculatoria finale

35. Nella pratica corrente del Rosario, dopo la dossologia trinitaria segue una giaculatoria, che varia a seconda delle consuetudini. Senza nulla togliere al valore di tali invocazioni, sembra opportuno rilevare che la contemplazione dei misteri potrà meglio esprimere tutta la sua fecondità, se si avrà cura di far sì che ciascun mistero si concluda con una preghiera volta ad ottenere i frutti specifici della meditazione di quel mistero. In questo modo il Rosario potrà esprimere con maggiore efficacia il suo legame con la vita cristiana. Lo suggerisce una bella orazione liturgica, che ci invita a chiedere di poter giungere, meditando i misteri del Rosario, ad « imitare ciò che contengono e ad ottenere ciò che promettono ».(38)

Tale preghiera finale potrà ispirarsi, come già succede, a una legittima varietà. Il Rosario acquista in tal modo anche una fisionomia più adeguata alle varie tradizioni spirituali e alle varie comunità cristiane. In questa prospettiva, è auspicabile che si diffondano, col debito discernimento pastorale, le proposte più significative, magari sperimentate in centri e santuari mariani particolarmente attenti alla pratica del Rosario, in modo che il Popolo di Dio possa avvalersi di ogni autentica ricchezza spirituale, traendone nutrimento per la propria contemplazione.

La 'corona'

36. Strumento tradizionale per la recita del Rosario è la corona. Nella pratica più superficiale, essa finisce per essere spesso un semplice strumento di conteggio per registrare il succedersi delle Ave Maria. Ma essa si presta anche ad esprimere un simbolismo, che può dare ulteriore spessore alla contemplazione.

A tal proposito, la prima cosa da notare è come la corona converga verso il Crocifisso, che apre così e chiude il cammino stesso dell'orazione. In Cristo è centrata la vita e la preghiera dei credenti. Tutto parte da Lui, tutto tende a Lui,tutto, mediante Lui, nello Spirito Santo, giunge al Padre.

In quanto strumento di conteggio, che scandisce l'avanzare della preghiera, la corona evoca l'incessante cammino della contemplazione e della perfezione cristiana. Il beato Bartolo Longo la vedeva anche come una 'catena' che ci lega a Dio. Catena, sì, ma catena dolce; tale sempre si rivela il rapporto con un Dio che è Padre. Catena 'filiale', che ci pone in sintonia con Maria, la « serva del Signore » (Lc 1, 38), e, in definitiva, con Cristo stesso, che, pur essendo Dio, si fece « servo » per amore nostro (Fil 2, 7).

Bello è anche estendere il significato simbolico della corona al nostro rapporto reciproco, ricordando con essa il vincolo di comunione e di fraternità che tutti ci lega in Cristo.

Avvio e chiusa

37. Sono vari, nella prassi corrente, i modi di introdurre il Rosario nei diversi contesti ecclesiali. In alcune regioni, si suole iniziare con l'invocazione del Salmo 69: « O Dio, vieni a salvarmi; Signore, vieni presto in mio aiuto », quasi ad alimentare nell'orante l'umile consapevolezza della propria indigenza; altrove, invece, l'avvio avviene con la recita del Credo, quasi a mettere la professione di fede a fondamento del cammino contemplativo che si intraprende. Questi e simili modi, nella misura in cui ben dispongono l'animo alla contemplazione, sono usi ugualmente legittimi. La recita è poi conclusa con la preghiera secondo le intenzioni del Papa, per allargare lo sguardo di chi prega sull'ampio orizzonte delle necessità ecclesiali. È proprio per incoraggiare questa proiezione ecclesiale del Rosario che la Chiesa ha voluto arricchirlo di sante indulgenze per chi lo recita con le debite disposizioni.

In effetti, se vissuto così, il Rosario diventa veramente un percorso spirituale, in cui Maria si fa madre, maestra, guida, e sostiene il fedele con la sua intercessione potente. Come stupirsi se l'animo sente il bisogno, alla fine di questa preghiera, in cui ha fatto intima esperienza della maternità di Maria, di sciogliersi nelle lodi per la Vergine Santa, sia nella splendida preghiera della Salve Regina, che in quella delle Litanie lauretane? È il coronamento di un cammino interiore, che ha portato il fedele a contatto vivo con il mistero di Cristo e della sua Madre Santissima.

La distribuzione nel tempo

38. Il Rosario può essere recitato integralmente ogni giorno, e non manca chi lodevolmente lo fa. Esso viene così a riempire di orazione le giornate di tanti contemplativi, o a tener compagnia ad ammalati ed anziani che dispongono di tempo abbondante. Ma è ovvio – e ciò vale a maggior ragione, se si aggiunge il nuovo ciclo dei mysteria lucis – che molti non potranno recitarne cheuna parte, secondo un certo ordine settimanale. Questa distribuzione settimanale finisce per dare alle varie giornate della settimana un certo 'colore' spirituale, analogamente a quanto la Liturgia fa con le varie fasi dell'anno liturgico.

Secondo la prassi corrente, il lunedì e il giovedì sono dedicati ai « misteri della gioia », il martedì e il venerdì ai « misteri del dolore », il mercoledì, il sabato e la domenica ai « misteri della gloria ». Dove inserire i « misteri della luce »? Considerando che i misteri gloriosi sono riproposti di seguito il sabato e la domenica e che il sabato è tradizionalmente un giorno a forte carattere mariano, sembra consigliabile spostare al sabato la seconda meditazione settimanale dei misteri gaudiosi, nei quali la presenza di Maria è più pronunciata. Il giovedì resta così libero proprio per la meditazione dei misteri della luce.

Questa indicazione non intende tuttavia limitare una conveniente libertà nella meditazione personale e comunitaria, a seconda delle esigenze spirituali e pastorali e soprattutto delle coincidenze liturgiche che possono suggerire opportuni adattamenti. Ciò che è veramente importante è che il Rosario sia sempre più concepito e sperimentato come itinerario contemplativo. Attraverso di esso, in modo complementare a quanto si compie nella Liturgia, la settimana del cristiano, incardinata sulla domenica, giorno della risurrezione, diventa un cammino attraverso i misteri della vita di Cristo, e questi si afferma, nella vita dei suoi discepoli, come Signore del tempo e della storia.



CONCLUSIONE

« Rosario benedetto di Maria, catena dolce che ci rannodi a Dio »

39. Quanto fin qui s'è detto, esprime ampiamente la ricchezza di questa preghiera tradizionale, che ha la semplicità di una preghiera popolare, ma anche la profondità teologica di una preghiera adatta a chi avverte l'esigenza di una contemplazione più matura.

A questa preghiera la Chiesa ha riconosciuto sempre una particolare efficacia, affidando ad essa, alla sua recita corale, alla sua pratica costante, le cause più difficili. In momenti in cui la cristianità stessa era minacciata, fu alla forza di questa preghiera che si attribuì lo scampato pericolo e la Vergine del Rosario fu salutata come propiziatrice della salvezza.

Oggi all'efficacia di questa preghiera consegno volentieri – l'ho accennato all'inizio – la causa della pace nel mondo e quella della famiglia.

La pace

40. Le difficoltà che l'orizzonte mondiale presenta in questo avvio di nuovo Millennio ci inducono a pensare che solo un intervento dall'Alto, capace di orientare i cuori di quanti vivono situazioni conflittuali e di quanti reggono le sorti delle Nazioni, può far sperare in un futuro meno oscuro.

Il Rosario è preghiera orientata per sua natura alla pace, per il fatto stesso che consiste nella contemplazione di Cristo, Principe della pace e « nostra pace » (Ef 2,14). Chi assimila il mistero di Cristo – e il Rosario proprio a questo mira –, apprende il segreto della pace e ne fa un progetto di vita. Inoltre, in forza del suo carattere meditativo, con il tranquillo succedersi delle Ave Maria, il Rosario esercita sull'orante un'azione pacificante che lo dispone a ricevere e sperimentare nella profondità del suo essere e a diffondere intorno a sé quella pace vera che è dono speciale del Risorto (cfr Gv 14, 27; 20, 21).

È poi preghiera di pace anche per i frutti di carità che produce. Se ben recitato come vera preghiera meditativa, il Rosario, favorendo l'incontro con Cristo nei suoi misteri, non può non additare anche il volto di Cristo nei fratelli, specie in quelli più sofferenti. Come si potrebbe fissare, nei misteri gaudiosi, il mistero del Bimbo nato a Betlemme senza provare il desiderio di accogliere, difendere e promuovere la vita, facendosi carico della sofferenza dei bambini in tutte le parti del mondo? Come si potrebbero seguire i passi del Cristo rivelatore, nei misteri della luce, senza proporsi di testimoniare le sue beatitudini nella vita di ogni giorno? E come contemplare il Cristo carico della croce e crocifisso, senza sentire il bisogno di farsi suoi « cirenei » in ogni fratello affranto dal dolore o schiacciato dalla disperazione? Come si potrebbe, infine, fissare gli occhi sulla gloria di Cristo risorto e su Maria incoronata Regina, senza provare il desiderio di rendere questo mondo più bello, più giusto, più vicino al disegno di Dio?

Insomma, mentre ci fa fissare gli occhi su Cristo, il Rosario ci rende anche costruttori della pace nel mondo. Per la sua caratteristica di petizione insistente e corale, in sintonia con l'invito di Cristo a pregare « sempre, senza stancarsi » (Lc 18,1), esso ci consente di sperare che, anche oggi, una 'battaglia' tanto difficile come quella della pace possa essere vinta. Lungi dall'essere una fuga dai problemi del mondo, il Rosario ci spinge così a guardarli con occhio responsabile e generoso, e ci ottiene la forza di tornare ad essi con la certezza dell'aiuto di Dio e con il proposito fermo di testimoniare in ogni circostanza « la carità, che è il vincolo di perfezione » (Col 3, 14).

La famiglia: i genitori...

41. Preghiera per la pace, il Rosario è anche, da sempre, preghiera della famiglia e per la famiglia. Un tempo questa preghiera era particolarmente cara alle famiglie cristiane, e certamente ne favoriva la comunione. Occorre non disperdere questa preziosa eredità. Bisogna tornare a pregare in famiglia e a pregare per le famiglie, utilizzando ancora questa forma di preghiera.

Se nella Lettera apostolica Novo millennio ineunte ho incoraggiato la celebrazione della Liturgia delle Ore anche da parte dei laici nella vita ordinaria delle comunità parrocchiali e dei vari gruppi cristiani,(39) altrettanto desidero fare per il Rosario. Si tratta di due vie non alternative, ma complementari, della contemplazione cristiana. Chiedo pertanto a quanti si dedicano alla pastorale delle famiglie di suggerire con convinzione la recita del Rosario.

La famiglia che prega unita, resta unita. Il Santo Rosario, per antica tradizione, si presta particolarmente ad essere preghiera in cui la famiglia si ritrova. I singoli membri di essa, proprio gettando lo sguardo su Gesù, recuperano anche la capacità di guardarsi sempre nuovamente negli occhi, per comunicare, per solidarizzare, per perdonarsi scambievolmente, per ripartire con un patto di amore rinnovato dallo Spirito di Dio.

Molti problemi delle famiglie contemporanee, specie nelle società economicamente evolute, dipendono dal fatto che diventa sempre più difficile comunicare. Non si riesce a stare insieme, e magari i rari momenti dello stare insieme sono assorbiti dalle immagini di un televisore. Riprendere a recitare il Rosario in famiglia significa immettere nella vita quotidiana ben altre immagini, quelle del mistero che salva: l'immaginedel Redentore, l'immagine della sua Madre Santissima. La famiglia che recita insieme il Rosario riproduce un po' il clima della casa di Nazareth: si pone Gesù al centro, si condividono con lui gioie e dolori, si mettono nelle sue mani bisogni e progetti, si attingono da lui la speranza e la forza per il cammino.

... e i figli

42. A questa preghiera è anche bello e fruttuoso affidare l'itinerario di crescita dei figli. Non è forse, il Rosario, l'itinerario della vita di Cristo, dal concepimento, alla morte, fino alla resurrezione e alla gloria? Diventa oggi sempre più arduo per i genitori seguire i figli nelle varie tappe della vita. Nella società della tecnologia avanzata, dei mass media e della globalizzazione, tutto è diventato così rapido e la distanza culturale tra le generazioni si fa sempre più grande. I più diversi messaggi e le esperienze più imprevedibili si fanno presto spazio nella vita dei ragazzi e degli adolescenti, e per i genitori diventa talvolta angoscioso far fronte ai rischi che essi corrono. Si trovano non di rado a sperimentare delusioni cocenti, constatando i fallimenti dei propri figli di fronte alla seduzione della droga, alle attrattive di un edonismo sfrenato, alle tentazioni della violenza, alle più varie espressioni del non senso e della disperazione.

Pregare col Rosario per i figli, e ancor più con i figli, educandoli fin dai teneri anni a questo momento giornaliero di « sosta orante » della famiglia, non è, certo, la soluzione di ogni problema, ma è un aiuto spirituale da non sottovalutare. Si può obiettare che il Rosario appare preghiera poco adatta al gusto dei ragazzi e dei giovani d'oggi. Ma forse l'obiezione tiene conto di un modo di praticarlo spesso poco accurato. Del resto, fatta salva la sua struttura fondamentale, nulla vieta che per i ragazzi e i giovani la recita del Rosario – tanto in famiglia quanto nei gruppi – si arricchisca di opportuni accorgimenti simbolici e pratici, che ne favoriscano la comprensione e la valorizzazione. Perché non provarci? Una pastorale giovanile non rinunciataria, appassionata e creativa – le Giornate Mondiali della Gioventù me ne hanno dato la misura! – è capace di fare, con l'aiuto di Dio, cose davvero significative. Se il Rosario viene ben presentato, sono sicuro che i giovani stessi saranno capaci di sorprendere ancora una volta gli adulti, nel far propria questa preghiera e nel recitarla con l'entusiasmo tipico della loro età.

Il Rosario, un tesoro da riscoprire

43. Carissimi fratelli e sorelle! Una preghiera così facile, e al tempo stesso così ricca, merita davvero di essere riscoperta dalla comunità cristiana. Facciamolo soprattutto in questo anno, assumendo questa proposta come un rafforzamento della linea tracciata nella Lettera apostolica Novo millennio ineunte, a cui i piani pastorali di tante Chiese particolari si sono ispirati nel programmare l'impegno per il prossimo futuro.

Mi rivolgo in particolare a voi, cari Confratelli nell'Episcopato, sacerdoti e diaconi, e a voi, operatori pastorali nei diversi ministeri, perché, facendo esperienza personale della bellezza del Rosario, ne diventiate solerti promotori.

Confido anche in voi, teologi, perché praticando una riflessione al tempo stesso rigorosa e sapienziale, radicata nella Parola di Dio e sensibile al vissuto del popolo cristiano, facciate scoprire, di questa preghiera tradizionale, i fondamenti biblici, le ricchezze spirituali, la validità pastorale.

Conto su di voi, consacrati e consacrate, chiamati a titolo particolare a contemplare il volto di Cristo alla scuola di Maria.

Guardo a voi tutti, fratelli e sorelle di ogni condizione, a voi, famiglie cristiane, a voi, ammalati e anziani, a voi giovani: riprendete con fiducia tra le mani la corona del Rosario, riscoprendola alla luce della Scrittura, in armonia con la Liturgia, nel contesto della vita quotidiana.

Che questo mio appello non cada inascoltato! All'inizio del venticinquesimo anno di Pontificato, affido questa Lettera apostolica alle mani sapienti della Vergine Maria, prostrandomi spiritualmente davanti alla sua immagine nello splendido santuario a Lei edificato dal beato Bartolo Longo, apostolo del Rosario. Faccio volentieri mie le parole toccanti con le quali egli chiude la celebre Supplica alla Regina del Santo Rosario: « O Rosario benedetto di Maria, catena dolce che ci rannodi a Dio, vincolo di amore che ci unisci agli Angeli, torre di salvezza negli assalti dell'inferno, porto sicuro nel comune naufragio, noi non ti lasceremo mai più. Tu ci sarai conforto nell'ora dell'agonia. A te l'ultimo bacio della vita che si spegne. E l'ultimo accento delle nostre labbra sarà il nome tuo soave, o Regina del Rosario di Pompei, o Madre nostra cara, o Rifugio dei peccatori, o Sovrana consolatrice dei mesti. Sii ovunque benedetta, oggi e sempre, in terra e in cielo ».

Dal Vaticano, il 16 ottobre dell'anno 2002, inizio del venticinquesimo di Pontificato.


GIOVANNI PAOLO II



Edited by eurone - 14/2/2012, 07:05
 
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MARIALIS CULTUS

ESORTAZIONE APOSTOLICA
DI SUA SANTITÀ
PAOLO PP. VI
A TUTTI I VESCOVI
AVENTI PACE E COMUNIONE
CON LA SEDE APOSTOLICA

VENERABILI FRATELLI
SALUTE E APOSTOLICA BENEDIZIONE



INTRODUZIONE



Fin da quando fummo assunti alla Cattedra di Pietro, Ci siamo costantemente adoperati per dar incremento al culto mariano, non soltanto nell'intento di interpretare il sentire della Chiesa e il Nostro personale impulso, ma anche perché esso, come è noto, rientra quale parte nobilissima nel contesto di quel culto sacro, nel quale vengono a confluire il culmine della sapienza e il vertice della religione1 e che pertanto è compito primario del Popolo di Dio.

Proprio in vista di tale compito Noi sempre assecondammo e incoraggiammo la grande opera della riforma liturgica, promossa dal Concilio Ecumenico Vaticano II, e avvenne certo non senza un particolare disegno della Provvidenza divina se il primo documento conciliare, che insieme con i venerabili Padri approvammo e sottoscrivemmo nello Spirito Santo, fu la Costituzione Sacrosanctum Concilium, la quale si proponeva appunto di restaurare e di incrementare la Liturgia, rendendo più proficua la partecipazione dei fedeli ai sacri misteri.2 Da allora, molti atti del Nostro Pontificato hanno avuto come fine il miglioramento del culto divino, come dimostra il fatto di aver promulgato, in questi anni, numerosi libri del rito Romano, restaurati secondo i princìpi e le norme del medesimo Concilio. Di ciò ringraziamo vivamente il Signore, datore di ogni bene, e siamo riconoscenti alle Conferenze Episcopali e ai singoli Vescovi, che in vari modi hanno collaborato con Noi alla preparazione di tali libri.

Mentre consideriamo, però, con animo lieto e grato il lavoro compiuto e i primi positivi risultati del rinnovamento liturgico, destinati a moltiplicarsi via via che la riforma sarà meglio compresa nelle sue motivazioni di fondo e rettamente applicata, la Nostra vigile sollecitudine non cessa di rivolgersi a quanto può dare ordinato compimento alla restaurazione del culto, con cui la Chiesa in spirito e verità (cfr Gv 4,24) adora il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo, venera con particolare amore Maria Santissima, Madre di Dio3 e onora con religioso ossequio la memoria dei Martiri e degli altri Santi.

Lo sviluppo, da Noi auspicato, della devozione verso la Vergine Maria, inserita (come sopra abbiamo accennato) nell'alveo dell'unico culto che a buon diritto è chiamato cristiano – perché da Cristo trae origine ed efficacia, in Cristo trova compiuta espressione e per mezzo di Cristo, nello Spirito, conduce al Padre – è elemento qualificante della genuina pietà della Chiesa. Per intima necessità, infatti, essa rispecchia nella prassi cultuale il piano redentivo di Dio, per cui al posto singolare, che in esso ha avuto Maria, corrisponde un culto singolare per Lei;4 come pure, ad ogni sviluppo autentico del culto cristiano consegue necessariamente un corretto incremento della venerazione alla Madre del Signore. Del resto, la storia della pietà dimostra come le varie forme di devozione verso la Madre di Dio, che la Chiesa ha approvato entro i limiti della sana e ortodossa dottrina5 si sviluppino in armonica subordinazione al culto che si presta a Cristo e intorno ad esso gravitino come a loro naturale e necessario punto di riferimento. Anche nella nostra epoca avviene così. La riflessione della Chiesa contemporanea sul mistero del Cristo e sulla sua propria natura l'ha condotta a trovare, alla radice del primo e a coronamento della seconda, la stessa figura di Donna: la Vergine Maria, Madre appunto di Cristo e Madre della Chiesa. E l'accresciuta conoscenza della missione di Maria si è tramutata in gioiosa venerazione verso di lei e in adorante rispetto per il sapiente disegno di Dio, il quale ha collocato nella sua Famiglia – la Chiesa –, come in ogni focolare domestico, la figura di Donna, che nascostamente e in spirito di servizio veglia per essa e benignamente ne protegge il cammino verso la patria, finché giunga il giorno glorioso del Signore.6

Nel nostro tempo, i mutamenti prodottisi nel costume sociale, nella sensibilità dei popoli, nei modi di espressione della letteratura e delle arti, nelle forme di comunicazione sociale, hanno influito anche sulle manifestazioni del sentimento religioso. Certe pratiche cultuali, che in un tempo non lontano apparivano atte ad esprimere il sentimento religioso dei singoli e delle comunità cristiane, sembrano oggi insufficienti o inadatte, perché legate a schemi socio-culturali del passato, mentre da più parti si cercano nuove forme espressive dell'immutabile rapporto delle creature con il loro Creatore, dei figli con il loro Padre. Ciò può produrre in alcuni un momentaneo disorientamento; ma chi, con animo fiducioso in Dio, riflette su tali fenomeni, scopre che molte tendenze della pietà contemporanea – la interiorizzazione del sentimento religioso, per esempio – sono chiamate a concorrere allo sviluppo della pietà cristiana, in generale, e della pietà verso la Vergine, in particolare. Così la nostra epoca, nel fedele ascolto della tradizione e nell'attenta considerazione dei progressi della teologia e delle scienze, offrirà il suo contributo di lode a colei che, secondo le sue stesse profetiche parole, tutte le generazioni chiameranno beata (cfr Lc 1,48).

Giudichiamo, quindi, conforme al Nostro servizio apostolico trattare, quasi dialogando con voi, Venerabili Fratelli, alcuni temi relativi al posto che la Beata Vergine occupa nel culto della Chiesa, già in parte toccati dal Concilio Vaticano II7 e dai Noi stessi,8 ma sui quali non è inutile ritornare, per dissipare dubbi e, soprattutto, per favorire lo sviluppo di quella devozione alla Vergine che, nella Chiesa, trae le sue motivazioni dalla Parola di Dio e si esercita nello Spirito di Cristo.

Vorremmo, pertanto, soffermarCi su alcune questioni che riguardano i rapporti tra la sacra Liturgia e il culto della Vergine (I); proporre considerazioni e direttive atte a favorire il legittimo sviluppo di questo culto (II); suggerire, infine, alcune riflessioni per una ripresa vigorosa e più consapevole della recita del Santo Rosario, la cui pratica è stata insistentemente raccomandata dai Nostri Predecessori ed è tanto diffusa tra il popolo cristiano (III).



I. IL CULTO DELLA VERGINE MARIA NELLA LITURGIA

1. Accingendoci a trattare del posto che la Vergine Maria occupa nel culto cristiano, dobbiamo in primo luogo rivolgere la Nostra attenzione alla sacra Liturgia; essa, infatti, oltre un ricco contenuto dottrinale, possiede un'incomparabile efficacia pastorale e ha un riconosciuto valore esemplare per le altre forme di culto. Avremmo voluto considerare le varie Liturgie dell'Oriente e dell'Occidente, ma, in ordine allo scopo di questo documento, guarderemo quasi esclusivamente ai libri del rito Romano: esso solo è stato oggetto, in seguito alle norme pratiche impartite dal Concilio Vaticano II,9 di un profondo rinnovamento anche per quanto attiene alle espressioni di venerazione a Maria e richiede, pertanto, di essere attentamente considerato e valutato.

A. La Vergine nella restaurata Liturgia Romana

2. La riforma della Liturgia Romana presupponeva un accurato restauro del suo Calendario Generale. Esso, ordinato a disporre con il dovuto rilievo, in determinati giorni, la celebrazione dell'opera della salvezza distribuendo lungo il corso dell'anno l'intero mistero del Cristo, dall'Incarnazione fino all'attesa del suo glorioso ritorno,10 ha permesso di inserire in modo più organico e con un legame più stretto la memoria della Madre nel ciclo annuale dei misteri del Figlio.

3. Così, nel tempo di Avvento, la Liturgia, oltre che in occasione della solennità dell'8 dicembre –celebrazione congiunta della Concezione immacolata di Maria, della preparazione radicale (cfr Is 11,1. 10) alla venuta del Salvatore, e del felice esordio della Chiesa senza macchia e senza ruga11 –, ricorda frequentemente la beata Vergine soprattutto nelle ferie dal 17 al 24 dicembre e, segnatamente, nella domenica che precede il Natale, nella quale fa risuonare antiche voci profetiche sulla Vergine Maria e sul Messia12 e legge episodi evangelici relativi alla nascita imminente del Cristo e del suo Precursore.13

4. In tal modo i fedeli, che vivono con la Liturgia lo spirito dell'Avvento, considerando l'ineffabile amore con cui la Vergine Madre attese il Figlio,14 sono invitati ad assumerla come modello e a prepararsi per andare incontro al Salvatore che viene, vigilanti nella preghiera, esultanti nella sua lode.15 Vogliamo, inoltre, osservare come la Liturgia dell'Avvento, congiungendo l'attesa messianica e quella del glorioso ritorno di Cristo con l'ammirata memoria della Madre, presenti un felice equilibrio cultuale, che può essere assunto quale norma per impedire ogni tendenza a distaccare – come è accaduto talora in alcune forme di pietà popolare – il culto della Vergine dal suo necessario punto di riferimento, che è Cristo; e faccia sì che questo periodo – come hanno osservato i cultori della Liturgia – debba esser considerato un tempo particolarmente adatto per il culto alla Madre del Signore: tale orientamento Noi confermiamo, auspicando di vederlo dappertutto accolto e seguito.

5. Il tempo di Natale costituisce una prolungata memoria della maternità divina, verginale, salvifica, di colei la cui illibata verginità diede al mondo il Salvatore:16 infatti, nella solennità del Natale del Signore, la Chiesa, mentre adora il Salvatore, ne venera la Madre gloriosa; nella Epifania del Signore, mentre celebra la vocazione universale alla salvezza, contempla la Vergine come vera Sede della Sapienza e vera Madre del Re, la quale presenta all'adorazione dei Magi il Redentore di tutte le genti (cfr Mt 2,11); e nella Festa della Santa Famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe (domenica fra l'ottava di Natale) riguarda con profonda riverenza la santa vita che conducono nella casa di Nazaret Gesù, Figlio di Dio e Figlio dell'uomo, Maria, sua Madre, e Giuseppe, uomo giusto (cfr Mt 1,19).

Nel ricomposto ordinamento del periodo natalizio Ci sembra che la comune attenzione debba essere rivolta alla ripristinata solennità di Maria Ss. Madre di Dio; essa, collocata secondo l'antico suggerimento della Liturgia dell'Urbe al primo giorno di gennaio, è destinata a celebrare la parte avuta da Maria in questo mistero di salvezza e ad esaltare la singolare dignità che ne deriva per la Madre santa... per mezzo della quale abbiamo ricevuto... l'Autore della vita;17 ed è, altresì, un'occasione propizia per rinnovare l'adorazione al neonato Principe della Pace, per riascoltare il lieto annuncio angelico (cfr Lc 2,14), per implorare da Dio, mediatrice la Regina della Pace, il dono supremo della pace. Per questo, nella felice coincidenza dell'Ottava di Natale con il giorno augurale del primo gennaio, abbiamo istituito la Giornata mondiale della pace, che raccoglie crescenti adesioni e matura già nel cuore di molti uomini frutti di Pace.

6. Alle due solennità già ricordate, della Concezione immacolata e della Maternità divina, sono da aggiungere le antiche e venerande celebrazioni del 25 marzo e del 15 agosto.

Per la solennità dell'Incarnazione del Verbo, nel Calendario Romano, con motivata risoluzione, è stata ripristinata l'antica denominazione di Annunciazione del Signore, ma la celebrazione era ed è festa congiunta di Cristo e della Vergine: del Verbo che si fa figlio di Maria (Mc 6,3), e della Vergine che diviene Madre di Dio. Relativamente a Cristo l'Oriente e l'Occidente, nelle inesauribili ricchezze delle loro Liturgie, celebrano tale solennità come memoria del fiat salvifico del Verbo Incarnato, che entrando nel mondo disse: Ecco, io vengo (...) per fare, o Dio, la tua volontà (cfr Eb 10,7; Sal 39,8-9); come commemorazione dell'inizio della redenzione e dell'indissolubile e sponsale unione della natura divina con la natura umana nell'unica Persona del Verbo. Relativamente a Maria, come festa della nuova Eva, vergine obbediente e fedele, che con il suo fiat generoso (cfr Lc 1,38) divenne, per opera dello Spirito, Madre di Dio, ma anche vera Madre dei viventi e, accogliendo nel suo grembo l'unico Mediatore (cfr 1Tm 2,5), vera Arca dell'Alleanza e vero tempio di Dio; come memoria di un momento culminante del dialogo di salvezza tra Dio e l'uomo, e commemorazione del libero consenso della Vergine e del suo concorso al piano della redenzione.

La solennità del 15 agosto celebra la gloriosa Assunzione di Maria al cielo; è, questa, la festa del suo destino di pienezza e di beatitudine, della glorificazione della sua anima immacolata e del suo corpo verginale, della sua perfetta configurazione a Cristo risorto; una festa che propone alla Chiesa e all'umanità l'immagine e il consolante documento dell'avverarsi della speranza finale: che tale piena glorificazione è il destino di quanti Cristo ha fatto fratelli, avendo con loro in comune il sangue e la carne (Eb 2,14; cfr Gal 4,4). La solennità dell'Assunzione ha un prolungamento festoso nella celebrazione della beata Maria Vergine Regina, che ricorre otto giorni dopo, nella quale si contempla colei che, assisa accanto al Re dei secoli, splende come Regina e intercede come Madre.18 Quattro solennità, dunque, che puntualizzano con il massimo grado liturgico le principali verità dogmatiche concernenti l'umile Ancella del Signore.

7. Dopo queste solennità si devono considerare, soprattutto, quelle celebrazioni che commemorano eventi salvifici, in cui la Vergine fu strettamente associata al Figlio, quali le feste della Natività di Maria (8 sett.), speranza e aurora di salvezza al mondo intero;19 della Visitazione (31 maggio), in cui la Liturgia ricorda la Beata Vergine Maria (...), che porta in grembo il Figlio,20 e che si reca da Elisabetta per porgerle l'aiuto della sua carità e proclamare la misericordia di Dio Salvatore;21 oppure la memoria della Vergine Addolorata (15 sett.), occasione propizia per rivivere un momento decisivo della storia della salvezza e per venerare la Madre associata alla passione del Figlio e vicina a lui innalzato sulla croce.22

Anche la festa del 2 febbraio, a cui è stata restituita la denominazione di Presentazione del Signore, deve essere considerata, perché sia pienamente colta tutta l'ampiezza del suo contenuto, come memoria congiunta del Figlio e della Madre, cioè celebrazione di un mistero di salvezza operato da Cristo, a cui la Vergine fu intimamente unita quale Madre del Servo sofferente di Iahvè, quale esecutrice di una missione spettante all'antico Israele e quale modello del nuovo Popolo di Dio, costantemente provato nella fede e nella speranza da sofferenze e persecuzioni (cfr Lc 2,21-35).

8. Se il restaurato Calendario Romano mette in risalto soprattutto le celebrazioni sopra ricordate, esso tuttavia annovera altri tipi di memorie o di feste, legate a ragioni di culto locale e che hanno acquistato un più vasto ambito e un interesse più vivo (11 febb.: Beata Vergine Maria di Lourdes; 5 agosto: Dedicazione della basilica di Santa Maria Maggiore); altre, celebrate originariamente da particolari famiglie religiose, ma che oggi, per la diffusione raggiunta, possono dirsi veramente ecclesiali (16 luglio: Beata Vergine Maria del Monte Carmelo; 7 ott.: Beata Vergine Maria del Rosario); altre ancora che, al di là del dato apocrifo, propongono contenuti di alto valore esemplare e continuano venerabili tradizioni, radicate soprattutto in Oriente (21 nov.: Presentazione della Beata Vergine Maria), o esprimono orientamenti emersi nella pietà contemporanea (sabato dopo la solennità del Sacro Cuore di Gesù: Cuore immacolato della Beata Vergine Maria).

9. Né si deve dimenticare che il Calendario Romano non registra tutte le celebrazioni di contenuto mariano: che ai Calendari particolari spetta accogliere, con fedeltà alle norme liturgiche, ma anche con cordiale adesione, le feste mariane proprie delle varie Chiese locali. E resta da accennare alla possibilità di una frequente commemorazione liturgica della Vergine con il ricorso alla Memoria di santa Maria in Sabato: memoria antica e discreta, che la flessibilità dell'attuale Calendario e la molteplicità di formulari del Messale rendono sommamente agevole e varia.

10. Non intendiamo in questa Esortazione Apostolica considerare tutto il contenuto del nuovo Messale Romano, ma nel quadro della valutazione che ci siamo prefissi di compiere circa i libri restaurati del rito Romano,23 desideriamo illustrarne alcuni aspetti e temi. E amiamo, anzitutto, rilevare come le Preci Eucaristiche del Messale, in ammirabile convergenza con le Liturgie orientali,24 contengono una significativa memoria della Beata Vergine Maria. Così il vetusto Canone Romano, che commemora la Madre del Signore in termini densi di dottrina e di afflato cultuale: In comunione con tutta la Chiesa, ricordiamo e veneriamo anzitutto la gloriosa e sempre Vergine Maria, Madre del nostro Dio e Signore Gesù Cristo; così la recente Prece Eucaristica III, che esprime con intensa supplica il desiderio degli oranti di condividere con la Madre l'eredità di figli: Egli faccia di noi un sacrificio perenne a te (Padre) gradito, perché possiamo ottenere il regno promesso insieme con i tuoi eletti: con la beata Maria Vergine e Madre di Dio. Tale memoria quotidiana, per la sua collocazione nel cuore del divin Sacrificio, deve essere ritenuta forma particolarmente espressiva del culto che la Chiesa rende alla Benedetta dall'Altissimo (cfr Lc 1,28).

11. Percorrendo poi i testi del Messale restaurato, vediamo come i grandi temi mariani dell'eucologia Romana – il tema della concezione immacolata e della pienezza di grazia, della maternità divina, della verginità integerrima e feconda, del tempio dello Spirito Santo, della cooperazione all'opera del Figlio, della santità esemplare, dell'intercessione misericordiosa, dell'assunzione al cielo, della regalità materna e altri ancora – siano stati accolti in perfetta continuità dottrinale con il passato, e come altri temi, nuovi in un certo senso, siano stati introdotti con altrettanta perfetta aderenza agli sviluppi teologici del nostro tempo. Così, ad esempio, il tema Maria-Chiesa è stato introdotto nei testi del Messale con varietà di aspetti, come vari e molteplici sono i rapporti che intercorrono tra la Madre di Cristo e la Chiesa. Tali testi, infatti, nella Concezione immacolata della Vergine ravvisano l'esordio della Chiesa, sposa senza macchia di Cristo;25 nell'Assunzione riconoscono l'inizio già compiuto e l'immagine di ciò che, per la Chiesa tutta quanta, deve compiersi ancora;26 nel mistero della maternità la confessano madre del Capo e delle membra: santa Madre di Dio, dunque, e provvida Madre della Chiesa.27

Quando poi la Liturgia rivolge il suo sguardo sia alla Chiesa primitiva che a quella contemporanea, ritrova puntualmente Maria: là, come presenza orante insieme con gli Apostoli;28 qui come presenza operante insieme con la quale la Chiesa vuol vivere il mistero di Cristo: ...fa' che la tua santa Chiesa, associata con lei (Maria) alla passione del Cristo, partecipi alla gloria della risurrezione;29 e come voce di lode insieme con la quale vuole glorificare Dio: ...per magnificare con lei (Maria) il tuo santo nome;30 e, poiché la Liturgia è culto che richiede una condotta coerente di vita, essa supplica di tradurre il culto alla Vergine in concreto e sofferto amore per la Chiesa, come mirabilmente propone l'orazione dopo la Comunione del 15 settembre: ...perché, nella memoria della beata Vergine addolorata, completiamo in noi, per la santa Chiesa, ciò che manca alla passione di Cristo.

12. Il Lezionario della Messa è uno dei libri del rito Romano che ha molto beneficiato della riforma post-conciliare, sia per il numero dei testi aggiunti sia per il loro valore intrinseco: si tratta, infatti, di testi contenenti la parola di Dio, sempre viva ed efficace (cfr Eb 4,12). Questa grande abbondanza di letture bibliche ha consentito di esporre in un ordinato ciclo triennale l'intera storia della salvezza e di proporre con maggiore completezza il mistero del Cristo. Ne è risultato, come logica conseguenza, che il Lezionario contiene un numero maggiore di letture vetero- e neo-testamentarie riguardanti la Beata Vergine; aumento numerico non disgiunto, tuttavia, da una critica serena, poiché sono state accolte unicamente quelle letture che, o per l'evidenza del loro contesto o per le indicazioni di una attenta esegesi, confortata dagli insegnamenti del Magistero o da una solida tradizione, possono ritenersi, sia pure in modo e in grado diverso, di carattere mariano. Conviene osservare, inoltre, che queste letture non solo ricorrono in occasione delle feste della Vergine, ma vengono proclamate in molte altre circostanze: in alcune domeniche dell'anno liturgico,31 nella celebrazione di riti che toccano profondamente la vita sacramentale del cristiano e le sue scelte,32 nonché nelle circostanze liete o penose della sua esistenza.33

13. Anche il restaurato Libro dell'ufficio di lode, cioè la Liturgia delle Ore, contiene eccellenti testimonianze di pietà verso la Madre del Signore: nelle composizioni innodiche, tra cui non mancano alcuni capolavori della letteratura universale, quale la sublime preghiera di Dante Alighieri alla Vergine;34 nelle antifone che suggellano l'ufficiatura quotidiana, implorazioni liriche, cui è stato aggiunto il celebre tropario In te sola troviamo rifugio, venerando per antichità, mirabile per contenuto; nelle intercessioni delle Lodi e del Vespro, in cui non è infrequente il fiducioso ricorso alla Madre della misericordia; nella vastissima selezione di pagine mariane, dovute ad autori vissuti nei primi secoli del cristianesimo, nel medioevo e nell'età moderna.

14. Se nel Messale, nel Lezionario e nella Liturgia delle Ore, cardini della preghiera liturgica Romana, la memoria della Vergine ritorna con ritmo frequente, anche negli altri libri liturgici restaurati non mancano espressioni di amore e di supplice venerazione verso la Madre di Dio: così la Chiesa invoca lei, Madre della grazia, prima di immergere i candidati nelle acque salutari del Battesimo;35 implora la sua intercessione per le madri che, riconoscenti per il dono della maternità, si recano liete al tempio;36 lei addita come esempio ai suoi membri che abbracciano la sequela di Cristo nella vita religiosa,37 o ricevono la consacrazione verginale,38 e per essi chiede il suo soccorso materno;39 a lei rivolge istante supplica per i figli che sono giunti all'ora del transito;40 richiede il suo intervento per coloro che, chiusi gli occhi alla luce temporale, sono comparsi dinanzi a Cristo, luce eterna,41 ed invoca conforto, per la sua intercessione, su coloro che, immersi nel dolore, piangono con fede la dipartita dei propri cari.42

15. L'esame compiuto sui libri liturgici restaurati porta, dunque, ad una confortante constatazione: la riforma postconciliare, come già era nei voti del Movimento Liturgico, ha considerato con adeguata prospettiva la Vergine nel mistero di Cristo e, in armonia con la tradizione, le ha riconosciuto il posto singolare che le compete nel culto cristiano, quale santa Madre di Dio e alma cooperatrice del Redentore.

Né poteva essere altrimenti. Ripercorrendo, infatti, la storia del culto cristiano, si nota che sia in Oriente, sia in Occidente le espressioni più alte e più limpide della pietà verso la Beata Vergine sono fiorite nell'ambito della Liturgia o in essa sono state incorporate.

Desideriamo sottolinearlo: il culto che oggi la Chiesa universale rende alla santa Madre di Dio è derivazione, prolungamento e accrescimento incessante del culto che la Chiesa di ogni tempo le ha tributato con scrupoloso studio della verità e con sempre vigile nobiltà di forme. Dalla tradizione perenne, viva per la presenza ininterrotta dello Spirito e per l'ascolto continuo della Parola, la Chiesa del nostro tempo trae motivazioni, argomenti e stimolo per il culto che essa rende alla Beata Vergine. E di tale viva tradizione la Liturgia, che dal Magistero riceve conferma e forza, è espressione altissima e probante documento.

B. La Vergine modello della Chiesa nell'esercizio del culto

16. Vogliamo ora, seguendo alcune indicazioni della dottrina conciliare su Maria e la Chiesa, approfondire un aspetto particolare dei rapporti intercorrenti tra Maria e la Liturgia, vale a dire: Maria quale modello dell'atteggiamento spirituale con cui la Chiesa celebra e vive i divini misteri. L'esemplarità della Beata Vergine in questo campo deriva dal fatto che ella è riconosciuta eccellentissimo modello della Chiesa nell'ordine della fede, della carità e della perfetta unione con Cristo,43 cioè di quella disposizione interiore con cui la Chiesa, sposa amatissima, strettamente associata al suo Signore, lo invoca e, per mezzo di lui, rende il culto all'eterno Padre.44

17. Maria è la Vergine in ascolto, che accoglie la parola di Dio con fede; e questa fu per lei premessa e via alla maternità divina, poiché, come intuì sant'Agostino, la beata Maria colui (Gesù) che partorì credendo, credendo concepì.45 Infatti, ricevuta dall'Angelo la risposta al suo dubbio (cfr Lc 1,34-37) essa, piena di fede e concependo il Cristo prima nella sua mente che nel suo grembo, Ecco – disse – la serva del Signore, sia fatto di me secondo la tua parola (Lc 1,38);46 fede, che fu per lei causa di beatitudine e certezza circa l'adempimento della promessa: E beata colei che ha creduto nell'adempimento delle parole del Signore (Lc 1,45); fede con la quale ella, protagonista e testimone singolare della Incarnazione, ritornava sugli avvenimenti dell'infanzia di Cristo, raffrontandoli tra loro nell'intimo del suo cuore (cfr Lc 2,19. 51). Questo fa anche la Chiesa, la quale, soprattutto nella sacra Liturgia, con fede ascolta, accoglie, proclama, venera la parola di Dio, la dispensa ai fedeli come pane di vita47 e alla sua luce scruta i segni dei tempi, interpreta e vive gli eventi della storia.

18. Maria è, altresì, la Vergine in preghiera. Così essa appare nella Visita alla madre del Precursore, in cui effonde il suo spirito in espressioni di glorificazione a Dio, di umiltà, di fede, di speranza: tale è il cantico L'anima mia magnifica il Signore (cfr Lc 1,46-55), la preghiera per eccellenza di Maria, il canto dei tempi messianici nel quale confluiscono l'esultanza dell'antico e del nuovo Israele, poiché – come sembra suggerire sant'Ireneo – nel cantico di Maria confluì il tripudio di Abramo che presentiva il Messia (cfr Gv 8,56)48 e risuonò, profeticamente anticipata, la voce della Chiesa: Nella sua esultanza Maria proclamava profeticamente a nome della Chiesa: L'anima mia magnifica il Signore.49 Infatti, il cantico della Vergine, dilatandosi, è divenuto preghiera di tutta la Chiesa in tutti i tempi.

Vergine in preghiera appare Maria a Cana dove, manifestando al Figlio con delicata implorazione una necessità temporale, ottiene anche un effetto di grazia: che Gesù, compiendo il primo dei suoi «segni», confermi i discepoli nella fede in lui (cfrGv 2,1-12).

Anche l'ultimo tratto biografico su Maria ce la presenta Vergine orante. Infatti gli Apostoli erano assidui e concordi nella preghiera, insieme con alcune donne e con Maria, la Madre di Gesù, e con i fratelli di lui (At 1,14): presenza orante di Maria nella Chiesa nascente e nella Chiesa di ogni tempo, poiché ella, assunta in cielo, non ha deposto la sua missione di intercessione e di salvezza.50 Vergine in preghiera è anche la Chiesa, che ogni giorno presenta al Padre le necessità dei suoi figli, loda il Signore incessantemente e intercede per la salvezza del mondo.51

19. Maria è, ancora, la Vergine madre, cioè colei che per la sua fede e obbedienza generò sulla terra lo stesso Figlio del Padre, senza contatto con uomo, ma adombrata dallo Spirito Santo:52 prodigiosa maternità, costituita da Dio quale tipo e modello della fecondità della Vergine- Chiesa, la quale diventa anche essa madre, poiché con la predicazione e il Battesimo genera a vita nuova e immortale i figli, concepiti per opera dello Spirito Santo e nati da Dio.53 Giustamente gli antichi padri insegnavano che la Chiesa prolunga nel Sacramento del Battesimo la maternità verginale di Maria. Tra le loro testimonianze ci piace ricordare quella del Nostro illustre Predecessore san Leone Magno, il quale in una omelia natalizia afferma: L'origine che (Cristo) ha preso nel grembo della Vergine, l'ha posta nel fonte battesimale; ha dato all'acqua quel che aveva dato alla Madre; difatti, la virtù dell'Altissimo e l'adombramento dello Spirito Santo (cfr Lc 1,35), che fece sì che Maria desse alla luce il Salvatore, fa anche sì che l'acqua rigeneri il credente.54 Volendo attingere alle fonti liturgiche, potremmo citare la bella Conclusione della Liturgia ispanica: Quella (Maria) portò la Vita nel grembo, questa (la Chiesa) la porta nell'onda battesimale. Nelle membra di lei fu plasmato il Cristo, nelle acque di costei fu rivestito il Cristo.55

20. Maria è, infine, la Vergine offerente Nell'episodio della presentazione di Gesù al tempio (cfr Lc 2,22- 35), la Chiesa, guidata dallo Spirito, ha scorto, al di là dell'adempimento delle leggi riguardanti l'oblazione del primogenito (cfr Es 13,11-16) e la purificazione della madre (cfr Lv 12,6-8), un mistero salvifico, relativo appunto alla storia della salvezza: ha rilevato, cioè, la continuità dell'offerta fondamentale che il Verbo incarnato fece al Padre, entrando nel mondo (cfr Eb 10,5-7); ha visto proclamata l'universalità della salvezza poiché Simeone, salutando nel Bambino la luce per illuminare le genti e la gloria di Israele (cfr Lc 2,32), riconosceva in lui il Messia, il Salvatore di tutti; ha inteso il riferimento profetico alla Passione di Cristo: che le parole di Simeone, le quali congiungevano in un unico vaticinio il Figlio segno di contraddizione (Lc 2,34) e la Madre, a cui la spada avrebbe trafitto l'anima (cfr Lc 2,35), si avverarono sul Calvario. Mistero di salvezza, dunque, che nei suoi vari aspetti orienta l'episodio della presentazione al tempio verso l'evento salvifico della croce. Ma la Chiesa stessa, soprattutto a partire dai secoli del medioevo, ha intuito nel cuore della Vergine, che porta il Figlio a Gerusalemme per presentarlo al Signore (cfr Lc 2,22), una volontà oblativa, che superava il senso ordinario del rito. Di tale intuizione abbiamo testimonianza nell'affettuosa apostrofe di san Bernardo: Offri il tuo Figlio, o Vergine santa, e presenta al Signore il frutto benedetto del tuo seno. Offri per la riconciliazione di noi tutti la vittima santa, a Dio gradita.56

Questa unione della Madre con il Figlio nell'opera della Redenzione57 raggiunge il culmine sul Calvario, dove Cristo offrì se stesso quale vittima immacolata a Dio (Eb 9,14) e dove Maria stette presso la Croce (cfr Gv 19,25), soffrendo profondamente con il suo Unigenito e associandosi con animo materno al sacrificio di lui, amorosamente consenziente all'immolazione della vittima da lei generata58 e offrendola anch'ella all'eterno Padre.59 Per perpetuare nei secoli il sacrificio della Croce il divin Salvatore istituì il sacrificio eucaristico, memoriale della sua morte e risurrezione, e lo affidò alla Chiesa, sua sposa,60 la quale, soprattutto alla domenica, convoca i fedeli per celebrare la Pasqua del Signore, finché egli ritorni:61 il che la Chiesa compie in comunione con i Santi del Cielo e, prima di tutto, con la Beata Vergine,62 della quale imita la carità ardente e la fede incrollabile.

21. Modello di tutta la Chiesa nell'esercizio del culto divino, Maria è anche, evidentemente, maestra di vita spirituale per i singoli cristiani. Ben presto i fedeli cominciarono a guardare a Maria per fare, come lei, della propria vita un culto a Dio e del loro culto un impegno di vita. Già nel IV secolo, sant'Ambrogio, parlando ai fedeli, auspicava che in ognuno di essi fosse l'anima di Maria per glorificare Dio: Dev'essere in ciascuno l'anima di Maria per magnificare il Signore, dev'essere in ciascuno il suo spirito per esultare in Dio.63 Maria, però, è soprattutto modello di quel culto che consiste nel fare della propria vita un'offerta a Dio: dottrina antica, perenne, che ognuno può riascoltare, ponendo mente all'insegnamento della Chiesa, ma anche porgendo l'orecchio alla voce stessa della Vergine, allorché essa, anticipando in sé la stupenda domanda della preghiera del Signore: Sia fatta la tua volontà (Mt 6,10), rispose al messaggero di Dio: Ecco la serva del Signore: sia fatto di me secondo la tua parola (Lc 1,38). E il «sì» di Maria è per tutti i cristiani lezione ed esempio per fare dell'obbedienza alla volontà del Padre la via e il mezzo della propria santificazione.

22. È importante, d'altra parte, osservare come la Chiesa traduca i molteplici rapporti che la uniscono a Maria in vari ed efficaci atteggiamenti cultuali: in venerazione profonda, quando riflette sulla singolare dignità della Vergine, divenuta, per opera dello Spirito, madre del Verbo incarnato; in amore ardente, quando considera la maternità spirituale di Maria verso tutte le membra del Corpo mistico; in fiduciosa invocazione, quando esperimenta l'intercessione della sua Avvocata e Ausiliatrice;64 in servizio di amore, quando scorge nell'umile Ancella del Signore la Regina di misericordia e la Madre di grazia; in operosa imitazione, quando contempla la santità e le virtù della «piena di grazia» (Lc 1,28); in commosso stupore, quando vede in lei, come in una immagine purissima, ciò che essa, tutta, desidera e spera di essere;65 in attento studio, quando ravvisa nella cooperatrice del Redentore, ormai pienamente partecipe dei frutti del mistero pasquale, il compimento profetico del suo stesso avvenire, fino al giorno in cui, purificata da ogni ruga e da ogni macchia (cfrEf 5,27), diverrà come una sposa ornata per lo sposo, Gesù Cristo (cfr Ap 21,2).

23. Considerando, dunque, Fratelli Carissimi, la venerazione che la tradizione liturgica della Chiesa universale e il rinnovato Rito Romano esprimono verso la santa Madre di Dio; ricordando che la Liturgia, per il suo preminente valore cultuale, costituisce una regola d'oro per la pietà cristiana; osservando, infine, come la Chiesa, quando celebra i sacri misteri, assuma un atteggiamento di fede e di amore simili a quello della Vergine, comprendiamo quanto sia giusta l'esortazione del Concilio Vaticano II a tutti i figli della Chiesa, perché promuovano generosamente il culto, specialmente liturgico, della Beata Vergine:66 esortazione, che vorremmo vedere dappertutto accolta senza riserve e tradotta in pratica con zelo.



II. PER IL RINNOVAMENTO
DELLA PIETÀ MARIANA

24. Lo stesso Concilio Vaticano II esorta, poi, a promuovere, accanto al culto liturgico, altre forme di pietà, soprattutto quelle raccomandate dal Magistero.67 Tuttavia, come è ben noto, la venerazione dei Fedeli verso la Madre di Dio ha assunto forme molteplici secondo le circostanze di luogo e di tempo, la diversa sensibilità dei popoli e la loro differente tradizione culturale. Ne deriva che le forme in cui tale pietà si è espressa, soggette all'usura del tempo, appaiono bisognose di un rinnovamento che permetta di sostituire in esse gli elementi caduchi, di dar valore a quelli perenni e di incorporare i dati dottrinali, acquisiti dalla riflessione teologica e proposti dal Magistero ecclesiastico. Ciò dimostra la necessità che le Conferenze Episcopali, le chiese locali, le Famiglie religiose e le comunità di Fedeli favoriscano una genuina attività creatrice e procedano, nel medesimo tempo, ad una diligente revisione degli esercizi di pietà verso la Vergine; revisione, che auspichiamo rispettosa della sana tradizione e aperta ad accogliere le legittime istanze degli uomini del nostro tempo. Pertanto, ci sembra opportuno, Venerabili Fratelli, indicarvi alcuni principi secondo cui bisogna operare in questo campo.

A. Nota trinitaria, cristologia ed ecclesiale nel culto della Vergine

25. È sommamente conveniente, anzitutto, che gli esercizi di pietà verso la Vergine Maria esprimano chiaramente la nota trinitaria e cristologica, che in essi è intrinseca ed essenziale. Il culto cristiano infatti è, per sua natura, culto al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo, o meglio – come si esprime la Liturgia – al Padre per Cristo nello Spirito. In questa prospettiva, esso legittimamente si estende, sia pure in modo sostanzialmente diverso, prima di tutto e in maniera speciale alla Madre del Signore, e poi ai Santi, nei quali la Chiesa proclama il mistero pasquale, perché essi hanno sofferto con Cristo e con lui sono stati glorificati.68 Nella Vergine Maria tutto è relativo a Cristo e tutto da lui dipende: in vista di lui Dio Padre, da tutta l'eternità, la scelse Madre tutta santa e la ornò di doni dello Spirito, a nessun altro concessi. Certamente la genuina pietà cristiana non ha mai mancato di mettere in luce l'indissolubile legame e l'essenziale riferimento della Vergine al Divin Salvatore.69 Tuttavia, a Noi pare particolarmente conforme all'indirizzo spirituale della nostra epoca, dominata e assorbita dalla «questione di Cristo»,70 che nelle espressioni di culto alla Vergine abbia speciale risalto l'aspetto cristologico e si faccia in modo che esse rispecchino il piano di Dio, il quale prestabilì con un solo e medesimo decreto l'origine di Maria e l'incarnazione della divina Sapienza.71 Ciò concorrerà senza dubbio a rendere più solida la pietà verso la Madre di Gesù e a farne uno strumento efficace per giungere alla piena conoscenza del Figlio di Dio, fino a raggiungere la misura della piena statura di Cristo (Ef 4,13); e contribuirà, d'altra parte, ad accrescere il culto dovuto a Cristo stesso, poiché, secondo il perenne sentire della Chiesa, autorevolmente ribadito ai nostri giorni,72 vien riferito al Signore quel che è offerto in servizio all'Ancella; così ridonda sul Figlio quel che è attribuito alla Madre; (...) così ricade sul Re l'onore che vien reso in umile tributo alla Regina.73

26. A questo accenno circa l'orientamento cristologico del culto alla Vergine, ci sembra utile far seguire un richiamo all'opportunità che in esso sia dato adeguato risalto a uno dei contenuti essenziali della fede: la persona e l'opera dello Spirito Santo. La riflessione teologica e la Liturgia hanno rivelato, infatti, come l'intervento santificatore dello Spirito nella Vergine di Nazaret sia stato un momento culminante della sua azione nella storia della salvezza. Così, ad esempio, alcuni santi Padri e scrittori ecclesiastici attribuirono all'opera dello Spirito la santità originale di Maria, da lui quasi plasmata e resa nuova creatura;74 riflettendo sui testi evangelici – lo Spirito Santo verrà sopra di te, e la potenza dell'Altissimo ti ricoprirà (Lc 1,35) e Maria (...) si trovò incinta per virtù dello Spirito Santo; (...) è opera di Spirito Santo, ciò che in lei si è generato (Mt 1,18. 20) – scorsero nell'intervento dello Spirito un'azione che consacrò e rese feconda la verginità di Maria75 e lei trasformò in Palazzo del Re o Talamo del Verbo,76 Tempio o Tabernacolo del Signore,77 Arca dell'Alleanza o della Santificazione,78 titoli ricchi di risonanze bibliche. Approfondendo ancora il mistero della Incarnazione, essi videro nell'arcano rapporto tra Spirito Santo e Maria un aspetto sponsale, poeticamente ritratto così da Prudenzio: La Vergine non sposata si sposa allo Spirito79 e la chiamarono Santuario dello Spirito Santo80 espressione che sottolinea il carattere sacro della Vergine, divenuta stabile dimora dello Spirito di Dio. Addentrandosi nella dottrina sul Paraclito, avvertirono che da lui, come da sorgente, erano scaturite la pienezza di grazia (cfr Lc 1,28) e l'abbondanza di doni che la ornavano: allo Spirito, quindi, attribuirono la fede, la speranza e la carità che animavano il cuore della Vergine, la forza che ne sosteneva l'adesione alla volontà di Dio, il vigore che la sorreggeva nella sua «compassione» ai piedi della Croce;81 segnalarono nel cantico profetico di Maria (cfr Lc 1,46-55) un particolare influsso di quello Spirito che aveva parlato per bocca dei profeti.82 Considerando, infine, la presenza della Madre di Gesù nel cenacolo, dove lo Spirito scese sulla Chiesa nascente (cfr At 1,12-14; 2,1-4), arricchirono di nuovi sviluppi l'antico tema Maria-Chiesa,83 e, soprattutto, ricorsero all'intercessione della Vergine per ottenere dallo Spirito la capacità di generare Cristo nella propria anima, come attesta sant'Ildefonso in una supplica, sorprendente per dottrina e per vigore orante: Ti prego, ti prego, o Vergine santa, che io abbia Gesù da quello Spirito, dal quale tu stessa hai generato Gesù. Riceva l'anima mia Gesù per opera di quello Spirito, per il quale la tua carne ha concepito lo stesso Gesù (...). Che io ami Gesù in quello stesso Spirito, nel quale tu lo adori come Signore e lo contempli come Figlio.84

27. Si afferma, talvolta, che molti testi della pietà moderna non rispecchiano sufficientemente tutta la dottrina intorno allo Spirito Santo. Spetta agli studiosi verificare questa affermazione e valutarne la portata; Nostro compito è quello di esortare tutti, specialmente i pastori e i teologi, ad approfondire la riflessione sull'azione dello Spirito nella storia della salvezza, e a far sì che i testi della pietà cristiana pongano nella dovuta luce la sua azione vivificante. Da tale approfondimento emergerà in particolare, l'arcano rapporto tra lo Spirito di Dio e la Vergine di Nazaret e la loro azione sulla Chiesa; e dai contenuti della fede più profondamente meditati deriverà una pietà più intensamente vissuta.

28. È necessario, poi, che gli esercizi di pietà con cui i fedeli esprimono la loro venerazione alla Madre del Signore, manifestino in modo perspicuo il posto che essa occupa nella Chiesa: dopo Cristo il più alto e il più vicino a noi;85 un posto che negli edifici cultuali di Rito Bizantino è plasticamente espresso nella stessa disposizione dei membri architettonici e degli elementi iconografici – nella porta centrale dell'iconostasi la raffigurazione dell'Annuncio a Maria, nell'abside la rappresentazione della Theotócos gloriosa – sì che da essi risulta manifesto come dal consenso dell'Ancella del Signore l'umanità inizi il ritorno a Dio e nella gloria della Tuttasanta veda la meta del suo cammino. Il simbolismo con cui l'edificio della Chiesa esprime il posto di Maria nel mistero della Chiesa contiene un'indicazione feconda e costituisce un auspicio perché dappertutto le varie forme di venerazione alla Beata Vergine si aprano verso prospettive ecclesiali.

Infatti, il richiamo ai concetti fondamentali esposti dal Concilio Vaticano II circa la natura della Chiesa, come Famiglia di Dio, Popolo di Dio, Regno di Dio, Corpo mistico di Cristo,86 permetterà ai fedeli di riconoscere più prontamente la missione di Maria nel mistero della Chiesa e il suo posto eminente nella comunione dei Santi; di sentire più intensamente il legame fraterno che unisce tutti i fedeli, perché figli della Vergine alla cui rigenerazione e formazione spirituale ella collabora con materno amore87 e figli altresì della Chiesa, perché noi dal suo parto nasciamo, dal suo latte siamo nutriti e dal suo Spirito siamo vivificati,88 che ambedue concorrono a generare il corpo mistico di Cristo: L'una e l'altra è madre di Cristo, ma nessuna di esse genera tutto (il corpo) senza l'altra;89 di percepire, infine, più distintamente che l'azione della Chiesa nel mondo è come un prolungamento della sollecitudine di Maria. Infatti, l'amore operante della Vergine a Nazaret, nella casa di Elisabetta, a Cana, sul Golgota – tutti momenti salvifici di vasta portata ecclesiale – trova coerente continuità nell'ansia materna della Chiesa, perché tutti gli uomini giungano alla conoscenza della verità (cfr 1Tm 2,4), nella sua cura per gli umili, i poveri, i deboli, nel suo impegno costante per la pace e per la concordia sociale, nel suo prodigarsi perché tutti gli uomini abbiano parte alla salvezza, meritata per loro dalla morte di Cristo. In questo modo l'amore per la Chiesa si tradurrà in amore per Maria, e viceversa; perché l'una non può sussistere senza l'altra, come acutamente osserva san Cromazio di Aquileia: Si riunì la Chiesa nella parte alta (del cenacolo) con Maria, che era la madre di Gesù, e con i fratelli di lui. Non si può, dunque, parlare di Chiesa se non vi è presente Maria, la madre del Signore, con i fratelli di lui.90 Concludendo, ribadiamo la necessità che la venerazione rivolta alla Beata Vergine renda esplicito il suo intrinseco contenuto ecclesiologico: questo vorrà dire avvalersi di una forza capace di rinnovare salutarmente forme e testi.

B. Quattro orientamenti per il culto della Vergine: biblico, liturgico, ecumenico, antropologico

29. Alle indicazioni precedenti, che emergono dalla considerazione dei rapporti della Vergine Maria con Dio – Padre, Figlio e Spirito Santo – e con la Chiesa, vogliamo aggiungere proseguendo secondo la linea dell'insegnamento conciliare,91 alcuni orientamenti – biblico, liturgico, ecumenico, antropologico – da tener presenti nel rivedere o creare esercizi e pratiche di pietà, per rendere più vivo e più sentito il legame che ci unisce alla madre di Cristo e Madre nostra nella comunione dei Santi.

30. La necessità di un'impronta biblica in ogni forma di culto è oggi avvertita come un postulato generale della pietà cristiana. Il progresso degli studi biblici, la crescente diffusione delle Sacre Scritture e, soprattutto, l'esempio della tradizione e l'intima mozione dello Spirito, orientano i cristiani del nostro tempo a servirsi sempre più della Bibbia come del libro fondamentale di preghiera, ed a trarre da essa genuina ispirazione e insuperabili modelli. Il culto alla Beata Vergine non può essere sottratto a questo indirizzo generale della pietà cristiana92 anzi ad esso deve particolarmente ispirarsi per acquistare nuovo vigore e sicuro giovamento. La Bibbia, proponendo in modo mirabile il disegno di Dio per la salvezza degli uomini, è tutta impregnata del mistero del Salvatore e contiene anche, dalla Genesi all'Apocalisse, non indubbi riferimenti a colei che del Salvatore fu Madre e cooperatrice. Non vorremmo, però, che l'impronta biblica si limitasse a un diligente uso di testi e simboli, sapientemente ricavati dalle Sacre Scritture; essa comporta di più: richiede, infatti, che dalla bibbia prendano termini e ispirazione le formule di preghiera e le composizioni destinate al canto; ed esige, soprattutto, che il culto della Vergine sia permeato dei grandi temi del messaggio cristiano, affinché, mentre i fedeli venerano colei che è Sede della Sapienza, siano essi stessi illuminati dalla luce della divina Parola e indotti ad agire secondo i dettami della Sapienza incarnata.

31. Della venerazione che la Chiesa rende alla Madre di Dio nella celebrazione della sacra Liturgia abbiamo già parlato. Ma ora, trattando delle altre forme di culto e dei criteri cui esse si devono ispirare, non possiamo non ricordare la norma della Costituzione Sacrosanctum Concilium, la quale, mentre raccomanda vivamente i pii esercizi del popolo cristiano, aggiunge: ...bisogna però che tali esercizi, tenendo conto dei tempi liturgici, siano ordinati in modo da essere in armonia con la sacra Liturgia, da essa traggano in qualche modo ispirazione, e ad essa, data la sua natura di gran lunga superiore, conducano il popolo cristiano.93 Norma saggia, norma chiara, la cui applicazione non si presenta tuttavia facile, soprattutto nel campo del culto alla Vergine, così vario nelle sue espressioni formali; essa richiede, infatti, da parte dei responsabili delle comunità locali sforzo, tatto pastorale, costanza e, da parte dei fedeli, prontezza ad accogliere orientamenti e proposte che, derivanti dalla genuina natura del culto cristiano, comportano talvolta il cambiamento di usi inveterati, nei quali quella natura si era in qualche modo oscurata.

A questo proposito, vogliamo accennare a due atteggiamenti che potrebbero render vana nella prassi pastorale la norma del Concilio Vaticano II: innanzitutto, l'atteggiamento di alcuni che si occupano di cura d'anime, i quali disprezzando a priori i pii esercizi, che pure, nelle debite forme, sono raccomandati dal Magistero, li tralasciano e creano un vuoto che non provvedono a colmare; essi dimenticano che il Concilio ha detto di armonizzare i pii esercizi con la Liturgia, non di sopprimerli.

In secondo luogo, l'atteggiamento di altri che, al di fuori di un sano criterio liturgico e pastorale, uniscono insieme pii esercizi e atti liturgici in celebrazioni ibride. Avviene talora che nella stessa celebrazione del Sacrificio Eucaristico vengano inseriti elementi propri di novene o altre pie pratiche, col pericolo che il memoriale del Signore non costituisca il momento culminante dell'incontro della comunità cristiana, ma quasi occasione per qualche pratica devozionale. A quanti agiscono così vorremmo ricordare che la norma conciliare prescrive di armonizzare i pii esercizi con la liturgia, non di confonderli con essa. Una azione pastorale illuminata deve da una parte distinguere e sottolineare la natura propria degli atti liturgici, dall'altra valorizzare i pii esercizi, per adeguarli alle necessità delle singole comunità ecclesiali e renderli ausiliari preziosi della Liturgia.

32. Per il suo carattere ecclesiale, nel culto alla Vergine si rispecchiano le preoccupazioni della Chiesa stessa, tra cui, ai nostri giorni, spicca l'ansia per la ricomposizione dell'unità dei cristiani. La pietà verso la Madre del Signore diviene, così, sensibile alle trepidazioni e agli scopi del Movimento ecumenico, cioè acquista essa stessa una impronta ecumenica. E questo per vari motivi.

Innanzitutto, perché i fedeli cattolici si uniscono ai fratelli delle Chiese ortodosse, presso le quali la devozione alla Beata Vergine riveste forme di alto lirismo e di profonda dottrina, nel venerare con particolare amore la gloriosa Madre di Dio, e nell'acclamarla Speranza dei Cristiani;94 si uniscono agli Anglicani, i cui teologi classici già misero in luce la solida base scritturistica del culto alla Madre di Nostro Signore, e i cui teologi contemporanei sottolineano maggiormente l'importanza del posto che Maria occupa nella vita cristiana; e si uniscono ai fratelli delle Chiese della Riforma, nelle quali fiorisce vigoroso l'amore per le Sacre Scritture, nel glorificare Dio con le parole stesse della Vergine (cfr Lc 1,46-55). In secondo luogo, perché la pietà verso la Madre di Cristo e dei cristiani è per i cattolici occasione naturale e frequente di implorazione, affinché ella interceda presso il Figlio per l'unione di tutti i battezzati in un solo Popolo di Dio.95 E ancora, perché è volontà della Chiesa cattolica che in tale culto, senza che ne sia attenuato il carattere singolare,96 sia evitata con ogni cura qualunque esagerazione che possa indurre in errore gli altri fratelli cristiani circa la vera dottrina della Chiesa cattolica,97 e sia bandita ogni manifestazione cultuale contraria alla retta prassi cattolica. Infine, essendo connaturale al genuino culto verso la Beata Vergine che mentre è onorata la Madre (...), il Figlio sia debitamente conosciuto, amato, glorificato,98 esso diventa via che conduce al Cristo, fonte e centro della comunione ecclesiale, nel quale quanti apertamente confessano che egli è Dio e Signore, Salvatore e unico Mediatore (cfr 1 Tm 2,5), sono chiamati ad essere una sola cosa tra loro, con lui e con il Padre nell'unità dello Spirito Santo.99

33. Siamo consapevoli che esistono non lievi discordanze tra il pensiero di molti fratelli di altre Chiese e comunità ecclesiali e la dottrina cattolica intorno (...) alla funzione di Maria nell'opera della salvezza100 e, quindi, intorno al culto da renderle. Tuttavia, poiché la stessa potenza dell'Altissimo che adombrò la Vergine di Nazaret (cfr Lc 1,35) agisce nell'odierno Movimento ecumenico e lo feconda, desideriamo esprimere la Nostra fiducia che la venerazione verso l'umile Ancella del Signore, nella quale l'onnipotente fece grandi cose (cfr Lc 1,49), diverrà, sia pur lentamente, non un ostacolo, ma tramite e punto di incontro per l'unione di tutti i credenti in Cristo. Ci rallegriamo, infatti, di constatare che una migliore comprensione del posto di Maria nel mistero di Cristo e della Chiesa, anche da parte dei fratelli separati, rende più spedito il cammino verso l'incontro. Come a Cana la Vergine con il suo intervento ottenne che Gesù compisse il primo dei suoi miracoli (cfr Gv 2,1-12), così nella nostra epoca ella potrà, con la sua intercessione, propiziare l'avvento dell'ora in cui i discepoli di Cristo ritroveranno la piena comunione nella fede. E questa nostra speranza è confortata dall'osservazione del Nostro Predecessore Leone XIII: la causa dell'unione dei cristiani appartiene specificamente all'ufficio della spirituale maternità di Maria. Difatti, quelli che sono di Cristo, Maria non li generò e non poteva generarli se non in un'unica fede e in un unico amore: che forse «è diviso il Cristo?» (1 Cor 1,13); dobbiamo, invece, tutti insieme vivere la vita del Cristo, per poter in un unico e medesimo corpo fruttificare per Iddio (Rm 7,4).101

34. Nel culto alla Vergine si devono tenere in attenta considerazione anche le acquisizioni sicure e comprovate delle scienze umane, perché ciò concorrerà ad eliminare una delle cause del disagio che si avverte nel campo del culto alla Madre del Signore: il divario, cioè, tra certi suoi contenuti e le odierne concezioni antropologiche e la realtà psicosociologica, profondamente mutata, in cui gli uomini del nostro tempo vivono ed operano. Si osserva, infatti, che è difficile inquadrare l'immagine della Vergine, quale risulta da certa letteratura devozionale, nelle condizioni di vita della società contemporanea e, in particolare, di quelle della donna, sia nell'ambiente domestico, dove le leggi e l'evoluzione del costume tendono giustamente a riconoscerle l'uguaglianza e la corresponsabilità con l'uomo nella direzione della vita familiare; sia nel campo politico, dove essa ha conquistato in molti paesi un potere di intervento nella cosa pubblica pari a quello dell'uomo; sia nel campo sociale, dove svolge la sua attività in molteplici settori operativi, lasciando ogni giorno di più l'ambiente ristretto del focolare; sia nel campo culturale, dove le sono offerte nuove possibilità di ricerca scientifica e di affermazione intellettuale.

Ne consegue presso taluni una certa disaffezione verso il culto alla Vergine e una certa difficoltà a prendere Maria di Nazaret come modello, perché gli orizzonti della sua vita – si afferma – risultano ristretti in confronto alle vaste zone di attività in cui l'uomo contemporaneo è chiamato ad agire. A questo proposito, mentre esortiamo i teologi, i responsabili delle comunità cristiane e gli stessi Fedeli a dedicare la dovuta attenzione a tali problemi, Ci sembra utile offrire, Noi pure, un contributo alla loro soluzione, facendo alcune osservazioni.

35. Innanzitutto, la Vergine Maria è stata sempre proposta dalla Chiesa alla imitazione dei fedeli non precisamente per il tipo di vita che condusse e, tanto meno, per l'ambiente socioculturale in cui essa si svolse, oggi quasi dappertutto superato; ma perché, nella sua condizione concreta di vita, ella aderì totalmente e responsabilmente alla volontà di Dio (cfr Lc 1,38); perché ne accolse la parola e la mise in pratica; perché la sua azione fu animata dalla carità e dallo spirito di servizio; perché, insomma, fu la prima e la più perfetta seguace di Cristo: il che ha un valore esemplare, universale e permanente.

36. In secondo luogo, vorremmo notare che le difficoltà sopra accennate sono in stretta connessione con alcuni connotati dell'immagine popolare e letteraria di Maria, non con la sua immagine evangelica, né con i dati dottrinali precisati nel lento e serio lavoro di esplicitazione della parola rivelata. Si deve ritenere, anzi, normale che le generazioni cristiane, succedutesi in quadri socio-culturali diversi, al contemplare la figura e la missione di Maria –quale nuova Donna e perfetta Cristiana che riassume in sé le situazioni più caratteristiche della vita femminile perché Vergine, Sposa, Madre –, abbiano ritenuto la Madre di Gesù tipo eminente della condizione femminile e modello chiarissimo di vita evangelica, ed abbiano espresso questi loro sentimenti secondo le categorie e le raffigurazioni proprie della loro epoca. La Chiesa, quando considera la lunga storia della pietà mariana, si rallegra constatando la continuità del fatto cultuale, ma non si lega agli schemi rappresentativi delle varie epoche culturali né alle particolari concezioni antropologiche che stanno alla loro base, e comprende come talune espressioni di culto, perfettamente valide in se stesse, siano meno adatte a uomini che appartengono ad epoche e civiltà diverse.

37. Desideriamo, infine, rilevare che la nostra epoca, non diversamente dalle precedenti, è chiamata a verificare la propria cognizione della realtà con la parola di Dio e, per limitarci al nostro argomento, a confrontare le sue concezioni antropologiche e i problemi che ne derivano con la figura della Vergine Maria, quale è proposta dal Vangelo. La lettura delle divine Scritture, compiuta sotto l'influsso dello Spirito Santo e tenendo presenti le acquisizioni delle scienze umane e le varie situazioni del mondo contemporaneo, porterà a scoprire come Maria possa essere considerata modello di quelle realtà che costituiscono l'aspettativa degli uomini del nostro tempo. Così, per dare qualche esempio, la donna contemporanea, desiderosa di partecipare con potere decisionale alle scelte della comunità, contemplerà con intima gioia Maria che, assunta al dialogo con Dio, dà il suo consenso attivo e responsabile102 non alla soluzione di un problema contingente, ma a quell'opera di secoli, come è stata giustamente chiamata l'incarnazione del Verbo;103 si renderà conto che la scelta dello stato verginale da parte di Maria, che nel disegno di Dio la disponeva al mistero dell'Incarnazione, non fu atto di chiusura ad alcuno dei valori dello stato matrimoniale, ma costituì una scelta coraggiosa, compiuta per consacrarsi totalmente all'amore di Dio. Così constaterà con lieta sorpresa che Maria di Nazaret, pur completamente abbandonata alla volontà del Signore, fu tutt'altro che donna passivamente remissiva o di una religiosità alienante, ma donna che non dubitò di proclamare che Dio è vindice degli umili e degli oppressi e rovescia dai loro troni i potenti del mondo (cfr Lc 1,51-53); e riconoscerà in Maria, che primeggia tra gli umili e i poveri del Signore,104 una donna forte, che conobbe povertà e sofferenza, fuga ed esilio (cfr Mt 2,13-23): situazioni che non possono sfuggire all'attenzione di chi vuole assecondare con spirito evangelico le energie liberatrici dell'uomo e della società; e non le apparirà Maria come una madre gelosamente ripiegata sul proprio Figlio divino, ma donna che con la sua azione favorì la fede della comunità apostolica in Cristo (cfr Gv 2,1-12) e la cui funzione materna si dilatò, assumendo sul Calvario dimensioni universali.105 Non sono che esempi, dai quali appare chiaro come la figura della Vergine non deluda alcune attese profonde degli uomini del nostro tempo ed offra ad essi il modello compiuto del discepolo del Signore: artefice della città terrena e temporale, ma pellegrino solerte verso quella celeste ed eterna; promotore della giustizia che libera l'oppresso e della carità che soccorre il bisognoso, ma soprattutto testimone operoso dell'amore che edifica Cristo nei cuori.

38. Dopo aver offerto queste direttive, ordinate a favorire lo sviluppo armonico del culto alla Madre del Signore, riteniamo opportuno richiamare l'attenzione su alcuni atteggiamenti cultuali erronei. Il Concilio Vaticano II ha già autorevolmente denunziato sia l'esagerazione di contenuti o di forme che giunge a falsare la dottrina, sia la grettezza di mente che oscura la figura e la missione di Maria; nonché alcune deviazioni cultuali: la vana credulità, che al serio impegno sostituisce il facile affidamento a pratiche solo esteriori; lo sterile e fugace moto del sentimento, così alieno dallo stile del Vangelo, che esige opera perseverante e concreta.106 Noi ne rinnoviamo la deplorazione: non sono forme in armonia con la fede cattolica e, pertanto, non devono esistere nel culto cattolico. La vigile difesa da questi errori e deviazioni renderà il culto alla Vergine più vigoroso e genuino: solido nel suo fondamento, per cui in esso lo studio delle fonti rivelate e l'attenzione ai documenti del Magistero prevarranno sulla ricerca esagerata di novità o di fatti straordinari; obiettivo nell'inquadramento storico, per cui dovrà essere eliminato tutto ciò che è manifestamente leggendario o falso; adeguato al contenuto dottrinale, donde la necessità di evitare presentazioni unilaterali della figura di Maria, le quali, insistendo più del dovuto su un elemento, compromettono l'insieme dell'immagine evangelica; limpido nelle sue motivazioni, per cui con diligente cura sarà tenuto lontano dal santuario ogni meschino interesse.

39. Infine, qualora ve ne fosse bisogno, vorremmo ribadire che lo scopo ultimo del culto alla Beata Vergine è di glorificare Dio e di impegnare i cristiani ad una vita del tutto conforme alla sua volontà. I figli della Chiesa, infatti, quando, unendo le loro voci alla voce della donna anonima del Vangelo, glorificano la Madre di Gesù, esclamando, rivolti a Gesù stesso: Beato il seno che ti ha formato, e le mammelle che tu hai succhiato! (Lc 11,27), saranno indotti a considerare la grave risposta del divin Maestro: Beati piuttosto coloro che ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica (Lc 11,28). E questa risposta, se risulta essa stessa viva lode per la Vergine Maria, come interpretarono alcuni santi Padri107 e il Concilio Vaticano II ha confermato,108 suona pure per noi ammonimento a vivere secondo i comandamenti di Dio ed è come eco di altri richiami dello stesso divin Salvatore: Non chiunque mi dice: Signore, Signore! entrerà nel regno dei cieli; ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli (Mt 7,21); e: Voi siete amici miei, se farete ciò che io vi comando (Gv 15,14).



III. INDICAZIONE CIRCA I PII ESERCIZI
DELL'ANGELUS DOMINI
E DEL SANTO ROSARIO

40. Abbiamo indicato alcuni principi, atti a dare nuovo vigore al culto della Madre del Signore; ora è compito delle Conferenze Episcopali, dei responsabili delle comunità locali, delle varie Famiglie religiose, restaurare sapientemente pratiche ed esercizi di venerazione verso la Beata Vergine, assecondare l'impulso creativo di quanti, per genuina ispirazione religiosa o per sensibilità pastorale, desiderano dare vita a nuove forme. Tuttavia, Ci sembra opportuno, sia pure per motivi diversi, trattare di due pii esercizi, molto diffusi in Occidente e dei quali questa Sede Apostolica si è occupata in varie occasioni: l'Angelus Domini e il Rosario o Corona della Beata Vergine Maria.

L'Angelus Domini

41. La Nostra parola sull'Angelus Domini vuole essere solo una semplice, ma viva esortazione a mantenere consueta la recita, dove e quando sia possibile. Tale preghiera non ha bisogno di restauro: la struttura semplice, il carattere biblico, l'origine storica, che la collega alla invocazione dell'incolumità nella pace, il ritmo quasi liturgico, che santifica momenti diversi della giornata, l'apertura verso il mistero pasquale, per cui, mentre commemoriamo l'Incarnazione del Figlio di Dio, chiediamo di essere condotti per la sua passione e la sua croce alla gloria della risurrezione,109 fanno sì che essa, a distanza di secoli, conservi inalterato il suo valore e intatta la sua freschezza. È vero che alcune usanze, tradizionalmente collegate con la recita dell'Angelus Domini, sono scomparse o difficilmente possono continuare nella vita moderna; ma si tratta di elementi marginali. Immutati restano il valore della contemplazione del mistero dell'Incarnazione del Verbo, del saluto alla Vergine e del ricorso alla sua misericordiosa intercessione; e, nonostante le mutate condizioni dei tempi, invariati permangono per la maggior parte degli uomini quei momenti caratteristici della giornata – mattino, mezzogiorno, sera –, i quali segnano i tempi della loro attività e costituiscono invito ad una pausa di preghiera.

Indicazioni per il «Rosario»

42. Vogliamo ora, Fratelli Carissimi, soffermarCi alquanto sul rinnovamento di quel pio esercizio, che è stato chiamato il Compendio di tutto quanto il Vangelo:110 la Corona della Beata Vergine Maria, il Rosario. Ad essa i Nostri Predecessori hanno dedicato vigile attenzione e premurosa sollecitudine: ne hanno più volte raccomandata la recita frequente, favorita la diffusione, illustrata la natura, riconosciuta l'attitudine a sviluppare una preghiera contemplativa, che è insieme di lode e di supplica, ricordata la connaturale efficacia nel promuovere la vita cristiana e l'impegno apostolico. Anche noi, fin dalla prima udienza generale del Nostro pontificato (13 luglio 1963), abbiamo dimostrato la Nostra grande stima per la pia pratica del Rosario,111 e in seguito ne abbiamo sottolineato il valore in molteplici circostanze, ordinarie alcune, gravi altre, come quando, in un'ora di angoscia e di insicurezza, pubblicammo l'Epistola Enciclica Christi Matri (15 settembre 1966), perché fossero rivolte supplici preghiere alla Beata Vergine del Rosario, per implorare da Dio il bene supremo della pace;112 appello che abbiamo rinnovato nella Nostra Esortazione Apostolica Recurrens mensis October (1 ottobre 1969), nella quale commemoravamo il quarto centenario della Lettera Apostolica Consueverunt Romani Pontifices del Nostro Predecessore san Pio V, che in essa illustrò e, in qualche modo, definì la forma tradizionale del Rosario.113

43. Il Nostro assiduo interesse verso il tanto caro Rosario della Beata Vergine Maria Ci ha spinto a seguire molto attentamente i numerosi convegni, dedicati in questi ultimi anni alla pastorale del Rosario nel mondo contemporaneo: convegni promossi da Associazioni e da persone che hanno profondamente a cuore la devozione del Rosario, ed ai quali hanno partecipato Vescovi, presbiteri, religiosi e laici di provata esperienza e di accreditato senso ecclesiale. Tra questi è giusto ricordare i Figli di san Domenico, per tradizione custodi e propagatori di così salutare devozione. Ai lavori dei convegni si sono affiancate le ricerche degli storici, condotte non per definire con intenti quasi archeologici la forma primitiva del Rosario, ma per coglierne l'intuizione originaria, l'energia primigenia, la essenziale struttura. Da tali convegni e ricerche sono emerse più nitidamente le caratteristiche fondamentali del Rosario, i suoi elementi essenziali e il loro mutuo rapporto.

44. Così, per esempio, è apparsa in più valida luce l'indole evangelica del Rosario, in quanto dal Vangelo esso trae l'enunciato dei misteri e le principali formule; al Vangelo si ispira per suggerire, movendo dal gioioso saluto dell'Angelo e dal religioso assenso della Vergine, l'atteggiamento con cui il fedele deve recitarlo; e del Vangelo ripropone, nel susseguirsi armonioso delle Ave Maria, un mistero fondamentale – l'Incarnazione del Verbo – contemplato nel momento decisivo dell'annuncio fatto a Maria. Preghiera evangelica è, dunque, il Rosario, come oggi forse più che nel passato amano definirlo i pastori e gli studiosi.

45. È stato, altresì, compreso più facilmente come l'ordinato e graduale svolgimento del Rosario rifletta il modo stesso con cui il Verbo di Dio, inserendosi per misericordiosa determinazione nella vicenda umana, ha operato la redenzione: di essa il rosario considera, infatti, in ordinata successione i principali eventi salvifici che si sono compiuti in Cristo: dalla concezione verginale e dai misteri dell'infanzia fino ai momenti culminanti della Pasqua – la beata Passione e la gloriosa Risurrezione – ed agli effetti che essa ebbe sia sulla Chiesa nascente nel giorno di Pentecoste, sia sulla Vergine Maria nel giorno in cui, dopo l'esilio terreno, ella fu assunta in corpo e anima alla patria celeste. Ed è stato ancora osservato come la triplice partizione dei misteri del Rosario non solo aderisca strettamente all'ordine cronologico dei fatti, ma soprattutto rifletta lo schema del primitivo annuncio della fede e riproponga il mistero di Cristo nel modo stesso in cui è visto da san Paolo nel celebre inno della Lettera ai Filippesi: umiliazione, morte, esaltazione (Fil 2,6-11).

46. Preghiera evangelica, incentrata nel mistero dell'Incarnazione redentrice, il Rosario è, dunque, preghiera di orientamento nettamente cristologico. Infatti, il suo elemento caratteristico – la ripetizione litanica del Rallegrati, Maria – diviene anch'esso lode incessante a Cristo, termine ultimo dell'annuncio dell'Angelo e del saluto della madre del Battista: Benedetto il frutto del tuo seno (Lc 1,42). Diremo di più: la ripetizione dell'Ave, Maria costituisce l'ordito, sul quale si sviluppa la contemplazione dei misteri: il Gesù che ogni Ave, Maria richiama, è quello stesso che la successione dei misteri ci propone, di volta in volta, Figlio di Dio e della Vergine, nato in una grotta di Betlemme; presentato dalla madre al tempio; giovinetto pieno di zelo per le cose del Padre suo; Redentore agonizzante nell'orto; flagellato e coronato di spine; carico della croce e morente sul Calvario; risorto da morte e asceso alla gloria del Padre, per effondere il dono dello Spirito. È noto che, appunto per favorire la contemplazione e far corrispondere la mente alla voce, si usava un tempo – e la consuetudine si è conservata in varie regioni – aggiungere al nome di Gesù, in ogni «Ave Maria», una clausola che richiamasse il mistero enunciato.

47. Si è pure sentita con maggiore urgenza la necessità di ribadire, accanto al valore dell'elemento della lode e dell'implorazione, l'importanza di un altro elemento essenziale del Rosario: la contemplazione. Senza di essa il Rosario è corpo senza anima, e la sua recita rischia di divenire meccanica ripetizione di formule e di contraddire all'ammonimento di Gesù: Quando pregate, non siate ciarlieri come i pagani, che credono di essere esauditi in ragione della loro loquacità (Mt 6,7). Per sua natura la recita del Rosario esige un ritmo tranquillo e quasi un indugio pensoso, che favoriscano all'orante la meditazione dei misteri della vita del Signore, visti attraverso il cuore di colei che al Signore fu più vicina, e ne dischiudano le insondabili ricchezze.

48. Dalla riflessione contemporanea sono stati, infine, compresi con maggior precisione i rapporti intercorrenti tra Liturgia e Rosario. Da una parte, è stato sottolineato come il Rosario sia quasi un virgulto germogliato sul tronco secolare della Liturgia cristiana, vero «Salterio della Vergine», per il quale gli umili venivano associati al cantico di lode ed alla universale intercessione della Chiesa; dall'altra, è stato osservato che ciò è avvenuto in un'epoca – il declino del Medioevo –, in cui lo spirito liturgico era in decadenza e si verificava un certo allontanamento dei Fedeli dalla Liturgia in favore di una devozione sensibile verso l'umanità di Cristo e verso la Beata Vergine Maria. Se in tempi non lontani poté sorgere nell'animo di alcuni il desiderio di vedere annoverato il Rosario tra le espressioni liturgiche ed in altri, per la preoccupazione di evitare errori pastorali del passato, una ingiustificata disattenzione verso il medesimo rosario, oggi il problema si può facilmente risolvere alla luce dei principi della Costituzione Sacrosanctum Concilium: le celebrazioni liturgiche e il pio esercizio del Rosario non si devono né contrapporre né equiparare.114 Ogni espressione di preghiera riesce tanto più feconda, quanto più conserva la sua vera natura e la fisionomia che le è propria. Riaffermato quindi il valore preminente delle azioni liturgiche, non sarà difficile riconoscere come il Rosario sia un pio esercizio che si accorda facilmente con la sacra Liturgia. Come la Liturgia, infatti, esso ha un'indole comunitaria, si nutre della Sacra Scrittura e gravita intorno al mistero di Cristo. Sia pure su piani di realtà essenzialmente diversi, l'anamnesi della Liturgia e la memoria contemplativa del Rosario hanno per oggetto i medesimi eventi salvifici compiuti da Cristo. La prima rende presenti, sotto il velo dei segni ed operanti in modo arcano, i più grandi misteri della nostra Redenzione; la seconda, con il pio affetto della contemplazione, rievoca quegli stessi misteri alla mente dell'orante e ne stimola la volontà perché da essi attinga norme di vita. Stabilita questa sostanziale differenza, non è difficile comprendere come il rosario sia un pio esercizio che dalla Liturgia ha tratto motivo e, se praticato secondo la ispirazione originaria, ad essa naturalmente conduce, pur senza varcarne la soglia. Infatti, la meditazione dei misteri del Rosario, rendendo familiari alla mente e al cuore dei fedeli i misteri del Cristo, può costituire un'ottima preparazione alla celebrazione di essi nell'azione liturgica e divenirne poi eco prolungata. È, tuttavia, un errore, purtroppo ancora presente in qualche luogo, recitare il Rosario durante l'azione liturgica.

49. La Corona della Beata Vergine Maria, secondo la tradizione accolta dal Nostro Predecessore san Pio V e da lui autorevolmente proposta, consta di vari elementi, organicamente disposti:

a) la contemplazione in comunione con Maria di una serie di misteri della salvezza, sapientemente distribuiti in tre cicli, che esprimono il gaudio dei tempi messianici, il dolore salvifico di Cristo, la gloria del Risorto che inonda la Chiesa; contemplazione che, per sua natura, conduce a pratica riflessione e suscita stimolanti norme di vita;

b) l'orazione del Signore, o Padre nostro, che per il suo immenso valore è alla base della preghiera cristiana e la nobilita nelle sue varie espressioni;

c) la successione litanica dell'Ave, Maria, che risulta composta dal saluto dell'angelo alla Vergine (cfr Lc 1,28) e dal benedicente ossequio di Elisabetta (cfr Lc 1,42), a cui segue la supplica ecclesiale Santa Maria. La serie continuata delle Ave, Maria è caratteristica peculiare del Rosario, e il loro numero, nella forma tipica e plenaria di centocinquanta, presenta una certa analogia con il Salterio ed è un dato risalente all'origine stessa del pio esercizio. Ma tale numero, secondo una comprovata consuetudine, diviso in decadi annesse ai singoli misteri, si distribuisce nei tre cicli anzidetti, dando luogo alla Corona di cinquanta Ave, Maria, la quale è entrata nell'uso come misura normale del medesimo esercizio e, come tale, è stata adottata dalla pietà popolare e sancita dai Sommi Pontefici, che la arricchirono anche di numerose indulgenze;

d) la dossologia Gloria al Padre che, conformemente ad un orientamento comune alla pietà cristiana, chiude la preghiera con la glorificazione di Dio, Uno e Trino, dal quale, per il quale e nel quale sono tutte le cose (cfr Rm 11,36).

50. Questi sono gli elementi del santo Rosario. Ognuno di essi ha la sua indole propria che, saggiamente compresa e valutata, deve riflettersi nella recita, perché il Rosario possa esprimere tutta la sua ricchezza e varietà. Detta recita, pertanto, diventerà grave e implorante nell'orazione del Signore; lirica e laudativa nel calmo fluire delle Ave, Maria; contemplativa nell'attenta riflessione intorno ai misteri; adorante nella dossologia. E ciò deve avvenire nelle varie forme, in cui si è soliti recitare il Rosario: o privatamente, quando l'orante si raccoglie nell'intimità con il suo Signore; o comunitariamente, in famiglia o tra fedeli riuniti in gruppo, per creare le condizioni di una particolare presenza del Signore (cfr Mt 18,20); o pubblicamente, cioè in assemblee nelle quali è convocata la comunità ecclesiale.

51. In tempi recenti sono stati creati alcuni pii esercizi, che traggono ispirazione dal Rosario. Tra essi, desideriamo indicare e raccomandare quelli che inseriscono nello schema consueto delle celebrazioni della parola di Dio alcuni elementi del Rosario della Beata Vergine, quali la meditazione dei misteri e la ripetizione litanica del saluto angelico. Tali elementi acquistano così maggior risalto, essendo inquadrati nella lettura di testi biblici, illustrati con l'omelia, circondati da pause di silenzio, sottolineati con il canto. Ci rallegra sapere che tali esercizi hanno contribuito a far comprendere più compiutamente le ricchezze spirituali del Rosario stesso ed a rivalutarne la pratica presso associazioni e movimenti giovanili.

52. Vogliamo ora, in continuità di intendimenti con i Nostri Predecessori, raccomandare vivamente la recita del Rosario in famiglia. Il Concilio Vaticano II ha messo in luce come la famiglia, cellula prima e vitale della società, grazie all'amore scambievole dei suoi membri e alla preghiera a Dio elevata in comune, si riveli come il santuario domestico della Chiesa.115 La famiglia cristiana, quindi, si presenta come una Chiesa domestica,116 se i suoi membri, ciascuno nell'ambito e nei compiti che gli sono propri, tutti insieme promuovono la giustizia, praticano le opere di misericordia, si dedicano al servizio dei fratelli, prendono parte all'apostolato della più vasta comunità locale e si inseriscono nel suo culto liturgico;117 ed ancora, se innalzano in comune supplici preghiere a Dio: che, se non ci fosse questo elemento, le verrebbe a mancare il carattere stesso di famiglia cristiana. Perciò, al recupero della nozione teologica della famiglia come Chiesa domestica, deve coerentemente seguire un concreto sforzo per instaurare nella vita familiare la preghiera in comune.

53. Conformemente alle direttive conciliari, i Principi e Norme per la Liturgia delle Ore giustamente annoverano il nucleo familiare tra i gruppi, a cui si addice la celebrazione in comune dell'ufficio divino: È cosa lodevole (...) che la famiglia, santuario domestico della Chiesa, oltre alle comuni preghiere celebri anche, secondo l'opportunità, qualche parte della Liturgia delle Ore, inserendosi così più intimamente nella Chiesa.118 Nulla deve essere lasciato intentato, perché questa chiara e pratica indicazione trovi nelle famiglie cristiane crescente e gioiosa applicazione.

54. Ma, dopo la celebrazione della Liturgia delle Ore – culmine a cui può giungere la preghiera domestica –, non v'è dubbio che la Corona della Beata Vergine Maria sia da ritenere come una delle più eccellenti ed efficaci «preghiere in comune», che la famiglia cristiana è invitata a recitare. Noi amiamo, infatti, pensare e vivamente auspichiamo che, quando l'incontro familiare diventa tempo di preghiera, il Rosario ne sia espressione frequente e gradita. Siamo ben consapevoli che le mutate condizioni della vita degli uomini non favoriscono, ai nostri giorni, la possibilità di riunione tra familiari e che, anche quando ciò avviene, non poche circostanze rendono difficile trasformare l'incontro della famiglia in occasione di preghiera. È cosa difficile, senza dubbio. Ma è pur caratteristico dell'agire cristiano non arrendersi ai condizionamenti ambientali, ma superarli; non soccombere, ma elevarsi. Perciò, le famiglie che vogliono vivere in pienezza la vocazione e la spiritualità propria della famiglia cristiana, devono dispiegare ogni energia per eliminare tutto ciò che ostacola gli incontri in famiglia e le preghiere in comune.

55. Concludendo queste osservazioni, testimonianza della sollecitudine e della stima di questa Sede Apostolica per il Rosario mariano, vogliamo raccomandare, tuttavia, che nel diffondere così salutare devozione non ne vengano alterate le proporzioni, né essa sia presentata con inopportuno esclusivismo; il Rosario è preghiera eccellente, nei riguardi della quale però il fedele deve sentirsi serenamente libero, sollecitato a recitarlo, in composta tranquillità, dalla sua intrinseca bellezza.



CONCLUSIONE:

VALORE TEOLOGICO E PASTORALE
DEL CULTO DELLA VERGINE MARIA

56. Venerabili Fratelli, al termine di questa Nostra Esortazione Apostolica desideriamo sottolineare in sintesi il valore teologico del culto alla Vergine e ricordare brevemente la sua efficacia pastorale per il rinnovamento del costume cristiano.

La pietà della Chiesa verso la Vergine Maria è elemento intrinseco del culto cristiano. La venerazione che la Chiesa ha reso alla Madre di Dio in ogni luogo e in ogni tempo – dal saluto benedicente di Elisabetta (cfr Lc 1,42-45) alle espressioni di lode e di supplica della nostra epoca – costituisce una validissima testimonianza che la norma di preghiera della Chiesa è un invito a ravvivare nelle coscienze la sua norma di fede. E, viceversa, la norma di fede della Chiesa richiede che, dappertutto, si sviluppi rigogliosa la sua norma di preghiera nei confronti della Madre del Cristo. Tale culto alla Vergine ha radici profonde nella parola rivelata e insieme solidi fondamenti dogmatici: la singolare dignità di Maria, Madre del Figlio di Dio e, perciò, figlia prediletta del Padre e tempio dello Spirito Santo; per il quale dono di grazia straordinaria precede di gran lunga tutte le altre creature, celesti e terrestri;119 la sua cooperazione nei momenti decisivi dell'opera della salvezza, compiuta dal Figlio; la sua santità, già piena nella concezione immacolata e pur crescente via via che ella aderiva alla volontà del Padre e percorreva la via della sofferenza (cfr Lc 2,34-35; 2,41-52; Gv 19,25-21), progredendo costantemente nella fede, nella speranza e nella carità; la sua missione e condizione unica nel Popolo di Dio, del quale è insieme membro eccellentissimo, modello chiarissimo e Madre amorosissima; la sua incessante ed efficace intercessione per la quale, pur assunta in cielo, è vicinissima ai fedeli che la supplicano ed anche a coloro che ignorano di esserne figli; la sua gloria, che nobilita tutto il genere umano, come mirabilmente espresse il poeta Dante: Tu se' colei che l'umana natura / nobilitasti sì, ch'el suo fattore / non disdegnò di farsi sua fattura.120 Maria, infatti, è detta nostra stirpe, vera figlia di Eva, benché esente dalla colpa di questa madre, e vera nostra sorella, la quale ha condiviso pienamente, donna umile e povera, la nostra condizione.

Aggiungiamo che il culto alla Beata Vergine ha la sua ragione ultima nell'insondabile e libera volontà di Dio, il quale, essendo eterna e divina carità (cfr 1 Gv 4,7-8. 16), tutto compie secondo un disegno di amore: egli l'amò ed in lei operò grandi cose (cfr Lc 1,49); l'amò per se stesso e l'amò anche per noi; la donò a se stesso e la donò anche a noi.

57. Cristo è la sola via al Padre (cfr Gv 14,4-11). Cristo è il modello supremo al quale il discepolo deve conformare la propria condotta (cfr Gv 13,15), fino ad avere gli stessi suoi sentimenti (cfr Fil 2,5), vivere della sua vita e possedere il suo Spirito (cfr Gal 2,20; Rm 8,10-11): questo la Chiesa ha insegnato in ogni tempo e nulla, nell'azione pastorale, deve oscurare questa dottrina. Ma la Chiesa, edotta dallo Spirito e ammaestrata da una secolare esperienza, riconosce che anche la pietà verso la Beata Vergine, subordinatamente alla pietà verso il Divin Salvatore ed in connessione con essa, ha una grande efficacia pastorale e costituisce una forza rinnovatrice del costume cristiano. La ragione di tale efficacia è facilmente intuibile. Infatti la molteplice missione di Maria verso il Popolo di Dio è realtà soprannaturale operante e feconda nell'organismo ecclesiale. E rallegra considerare i singoli aspetti di tale missione e vedere come essi siano orientati, ciascuno con propria efficacia, verso il medesimo fine: riprodurre nei figli i lineamenti spirituali del Figlio primogenito. Vogliamo dire che la materna intercessione della Vergine, la sua santità esemplare, la grazia divina, che è in lei, diventano per il genere umano argomento di speranze superne.

La missione materna della Vergine spinge il Popolo di Dio a rivolgersi con filiale fiducia a colei, che è sempre pronta ad esaudirlo con affetto di madre e con efficace soccorso di ausiliatrice.121 Esso, pertanto, è solito invocarla come Consolatrice degli afflitti, Salute degli infermi, Rifugio dei peccatori, per aver nella tribolazione conforto, nella malattia sollievo, nella colpa forza liberatrice; perché ella, che è libera dal peccato, a questo conduce i suoi figli: a debellare con energica risoluzione il peccato.122 E tale liberazione dal peccato e dal male (cfr Mt 6,13) è – occorre riaffermarlo – la premessa necessaria per ogni rinnovamento del costume cristiano.

La santità esemplare della Vergine muove i Fedeli ad innalzare gli occhi a Maria, la quale rifulge come modello di virtù davanti a tutta la comunità degli eletti.123 Si tratta di virtù solide, evangeliche: la fede e l'accoglienza docile della Parola di Dio (cfr Lc 1,26-38; 1,45; 11,27-28; Gv 2,5); l'obbedienza generosa (cfr Lc 1,38); l'umiltà schietta (cfr Lc 1,48); la carità sollecita (cfr Lc 1,39-56); la sapienza riflessiva (cfr Lc 1,29-34; 2,19. 33. 51); la pietà verso Dio, alacre nell'adempimento dei doveri religiosi (cfr Lc 2,21. 22-40. 41), riconoscente dei doni ricevuti (cfr Lc 1,46-49), offerente nel tempio (cfr Lc 1,22-24), orante nella comunità apostolica (cfr At 1,12-14); la fortezza nell'esilio (cfr Mt 2,13-23), nel dolore (cfrLc 2,34-35. 49; Gv 19,25); la povertà dignitosa e fidente in Dio (cfr Lc 1,48; 2,24); la vigile premura verso il Figlio, dall'umiliazione della culla fino all'ignominia della croce (cfr Lc 2,1-7; Gv 19,25-27), la delicatezza previdente (cfr Gv 2,1- 11); la purezza verginale (cfr Mt 1,18-25; Lc 1,26- 38); il forte e casto amore sponsale. Di queste virtù della Madre si orneranno i figli, che con tenace proposito guardano i suoi esempi, per riprodurli nella propria vita. Tale progresso nella virtù apparirà conseguenza e già frutto maturo di quella forza pastorale che scaturisce dal culto reso alla Vergine.

La pietà verso la Madre del Signore diviene per il fedele occasione di crescita nella grazia divina: scopo ultimo, questo, di ogni azione pastorale. Perché è impossibile onorare la Piena di grazia senza onorare in se stessi lo stato di grazia, cioè l'amicizia con Dio, la comunione con lui, l'inabitazione dello Spirito. Questa grazia divina investe tutto l'uomo e lo rende conforme all'immagine del figlio di Dio (cfr Rm 8,29; Col 1,18). La Chiesa cattolica, basandosi sull'esperienza di secoli, riconosce nella devozione alla Vergine un aiuto potente per l'uomo in cammino verso la conquista della sua pienezza. Ella, la Donna nuova, è accanto a Cristo, l'Uomo nuovo, nel cui mistero solamente trova vera luce il mistero dell'uomo,124 e vi è come pegno e garanzia che in una pura creatura, cioè in lei, si è già avverato il progetto di Dio, in Cristo, per la salvezza di tutto l'uomo. All'uomo contemporaneo, non di rado tormentato tra l'angoscia e la speranza, prostrato dal senso dei suoi limiti e assalito da aspirazioni senza confini, turbato nell'animo e diviso nel cuore, con la mente sospesa dall'enigma della morte, oppresso dalla solitudine mentre tende alla comunione, preda della nausea e della noia, la Beata Vergine Maria, contemplata nella sua vicenda evangelica e nella realtà che già possiede nella Città di Dio, offre una visione serena e una parola rassicurante: la vittoria della speranza sull'angoscia, della comunione sulla solitudine, della pace sul turbamento, della gioia e della bellezza sul tedio e la nausea, delle prospettive eterne su quelle temporali, della vita sulla morte.

Sigillo della Nostra Esortazione e ulteriore argomento del valore pastorale della devozione alla Vergine nel condurre gli uomini a Cristo, siano le parole stesse che ella rivolse ai servitori delle nozze di Cana: Fate quello che egli vi dirà (Gv 2,5); parole, in apparenza, limitate al desiderio di porre rimedio a un disagio conviviale, ma, nella prospettiva del quarto Evangelo, sono come una voce in cui sembra riecheggiare la formula usata dal Popolo di Israele per sancire l'alleanza sinaitica (cfr Es 19,8; 24,3,7; Dt 5,27), o per rinnovarne gli impegni (cfr Gs 24,24; Esd 10,12; Ne 5,12), e sono anche una voce che mirabilmente si accorda con quella del Padre nella teofania del monte Tabor: Ascoltatelo! (Mt 17,5).

58. Abbiamo trattato diffusamente, Venerabili Fratelli, di un elemento che è parte integrante del culto cristiano: la venerazione verso la Madre del Signore. Lo ha richiesto la natura della materia, che è stata oggetto di studio, di revisione e, talora, di qualche perplessità in questi ultimi anni. Ci è di conforto il pensiero che il lavoro compiuto, in adempimento delle norme del Concilio, da questa Sede Apostolica e da voi stessi – in particolar modo, la riforma liturgica – sia valida premessa per un culto a Dio, Padre e Figlio e Spirito, sempre più vivo e adorante, e per la crescita della vita cristiana nei fedeli. Ci è motivo di fiducia la constatazione che la rinnovata Liturgia Romana costituisce, anche nel suo insieme, fulgida testimonianza della pietà della Chiesa verso la Vergine. Ci sostiene la speranza che le direttive, emanate per rendere tale pietà sempre più limpida e vigorosa, saranno sinceramente applicate. Ci allieta, infine, l'opportunità che il Signore ci ha concesso di offrire alcuni spunti di riflessione per rinnovare e confermare la stima verso la pratica del Rosario mariano. Conforto, fiducia, speranza, letizia sono i sentimenti che, unendo la Nostra voce alla voce della Vergine – come implora la Liturgia Romana –,125 vogliamo tradurre in fervida lode e ringraziamento al Signore.

Mentre auspichiamo, pertanto, che grazie al vostro impegno generoso, Fratelli Carissimi, ci sia nel clero e nel popolo, affidato alle vostre cure, un salutare incremento della devozione mariana con indubbio profitto per la Chiesa e per la società umana, impartiamo di cuore a voi ed a tutti i fedeli, cui è rivolto il vostro zelo pastorale, una speciale Benedizione Apostolica.

Dato a Roma, presso San Pietro, il 2 febbraio 1974, festa della Presentazione del Signore, anno undicesimo del Nostro Pontificato.

PAOLO PP. VI
 
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